La risposta al Ciampi pensiero può venire dalla Cina

Ha destato molto interesse e ha avuto ampia eco sulla stampa e nei dibattiti il recente richiamo ai genitori da parte del presidente della Repubblica, affinché non abdichino al loro ruolo educativo, delegando involontariamente altri maestri impropri a trasmettere ai ragazzi e ai giovani modelli di comportamento e pseudovalori che hanno poco di formativo.

Quasi in contemporanea con il discorso di Ciampi, l’editorialista Alberoni, sul Corriere della Sera di lunedì 5 dicembre, invitava a tornare ai maestri veri, partendo da alcune considerazioni non immediatamente vicine alla nostra società italiana e occidentale.
In America, dice Alberoni, nelle selezioni per l’università e per le borse di studio primeggiano i cinesi. Una razza superiore? Maggiori doti di intelligenza? La ragione è più semplice: “i cinesi studiano moltissimo, parlano un ottimo inglese, si preparano in modo eccellente e vincono su altri molto meno motivati e preparati… hanno interiorizzato il senso del dovere verso la comunità“.

Da noi – dice l’editorialista – si sono diffusi un individualismo disordinato, il lassismo, la perdita dell’autodisciplina, della capacità di sacrificio e della capacità di affrontare ostacoli e frustrazioni. Ed ha prevalso una pedagogia permissiva secondo la quale la creatività del ragazzo cresce tanto più quanto meno viene guidato, quanto più fa ciò che gli piace. Ma poiché i ragazzi sono esseri sociali, se i genitori o gli insegnanti smettono di indicare valori e regole di condotta, subentrano immediatamente altre forze che ne prendono il posto“.

Sono gli altri maestri, i maestri diversi, proprio come dice Ciampi.
I cinesi invece – continua Alberoni – hanno conservato una pedagogia autoritaria in cui gli ordini non possono essere discussi e tutti, a partire dall’infanzia, devono lavorare e studiare duramente rinunciando al gioco, alle vacanze, allo svago. Una pedagogia incompatibile con le nostre tradizioni di libertà, ma che ci costringe a riflettere criticamente sul nostro sistema educativo, visto che dobbiamo affrontare la loro concorrenza, e che essi ci stanno superando nelle alte tecnologie e stanno conquistando posizioni eminenti nelle migliori università del mondo. Un compito spiacevole, ma che dobbiamo svolgere se vogliamo sopravvivere e non farci asservire“.