La riforma Moratti e il gioco dell’oca

Con l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri degli ultimi due decreti legislativi attuativi della legge n. 53/2003, Letizia Moratti porta a conclusione – sul piano normativo – un’impresa mai riuscita finora ad un ministro dell’istruzione italiano (con l’eccezione di Giovanni Gentile, che operò però in un contesto politico e istituzionale ben diverso, e di Luigi Berlinguer, la cui legge però non ha trovato applicazione): quella di riordinare complessivamente l’intero sistema scolastico e formativo del nostro Paese, dalla scuola dell’infanzia ai licei, passando anche per la riforma della formazione professionale iniziale. Questo a prescindere dalla bontà o meno del progetto.
Tuttavia molto resta da fare, e c’è più di un’incognita: le norme sul primo ciclo, sul sistema di valutazione e sul prolungamento a 12 anni del diritto-dovere di istruzione e formazione, già operative, richiedono un non breve periodo di assestamento e implementazione; quelle sull’alternanza scuola-lavoro e sulla formazione dei docenti hanno bisogno di essere sperimentate e ulteriormente testate; quelle sul secondo ciclo infine sono per ora solo virtuali, perché entreranno in vigore non prima del 2007-2008, e richiederanno una vasta concertazione tra lo Stato e le Regioni, titolari – a prescindere dalla “devolution” – non solo del “sistema di istruzione e formazione” (sul quale hanno competenza esclusiva) ma anche dell’”istruzione” sulla quale hanno una competenza legislativa concorrente nel quadro di principi fondamentali determinati dallo Stato. Né va sottovalutato che le Regioni hanno competenza anche sulla programmazione dell’offerta integrata d’istruzione e formazione e sulla organizzazione territoriale dell’offerta formativa.
Ma l’incognita maggiore è forse quella delle risorse finanziarie, che neanche la Finanziaria in corso di elaborazione, ultima della legislatura, sembra stanziare.
C’è infine l’incognita dell’esito delle prossime elezioni politiche, perché una parte dell’attuale opposizione chiede a gran voce che la riforma Moratti sia “abrogata”, sic et simpliciter. Ma un’altra parte (Margherita, buona parte dei DS, in parte anche Prodi), ritiene che sarebbe un errore, anche in caso di successo dell’Unione, quello di azzerare l’attuale riforma, peraltro per certi aspetti strutturali dei futuri licei non troppo distante dal modello “tutti licei” della abrogata legge n. 30/2000, Berlinguer-De Mauro.
Costruire sulle macerie è molto più difficile che ristrutturare un edificio, anche se è proprio ciò che ha fatto la Casa delle libertà azzerando la legge n. 30/2000. Tornare indietro ora sarebbe decisamente negativo per il Paese, sarebbe un po’ come trascinare la scuola in una specie di avventuroso gioco dell’oca.