La riforma del reclutamento dei docenti (e la lezione del concorso secondaria)

La fattibilità del “nuovo” reclutamento non può prescindere da quanto sta avvenendo attualmente nel concorso ordinario della secondaria. Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha confermato la tipologia della prova scritta con quesiti a risposta multipla; allo stesso modo viene confermata la cadenza annuale dei concorsi. Ma, proprio in riferimento ai tempi contenuti di svolgimento dei concorsi che dovrebbero assicurarne la cadenza annuale, ha taciuto sulle attuali difficoltà di approntamento delle prove orali, difficoltà che, ancora una volta e in particolare nel concorso ordinario della secondaria, sembrano non avere carattere congiunturale.

Se le prove scritte del concorso da poco riformato consentono tempi velocissimi di valutazione per effetto della correzione automatica dei quesiti, non altrettanto sta avvenendo per le prove orali, valutate da apposite commissioni, diverse per ogni disciplina.

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Nonostante l’aggregazione ad altre regioni delle classi di concorso con pochi posti previsti dal bando, sono attualmente ben 529 le procedure necessarie per organizzare le prove orali delle 132 classi di concorso della secondaria.

Per ognuna di queste procedure è necessario costituire una apposita commissione e, in diversi casi se il numero di candidati supera le 500 unità, procedere alla costituzione di sottocommissioni.

Con le prove scritte del concorso della secondaria, iniziate quasi un mese fa (e con gli esiti resi noti immediatamente) e svolte ad oggi per quasi il 60% del totale, sono state messe a calendario per le settimane e mesi prossimi soltanto 105 procedure.

Dopo un mese e mezzo dalla risultanza degli scritti, molte commissioni non sono ancora state costituite, pregiudicando l’esito tempestivo di molte classi di concorso in diversi territori. 

È questo il vero tallone di Achille del concorso che mina l’efficienza concorsuale.

Ignorarlo senza cercare di dargli una soluzione (possibile, se si risolve il nodo delle commissioni) significa compromettere non solo l’obiettivo della cadenza annuale dei concorsi, ma, soprattutto, di non assicurare la stabilizzazione del sistema, annunciata dal ministro.     

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