La morosità nel pagamento delle rette che fa discutere
Il sindaco di centro-destra di Corsico (Lombardia) ha riaperto la guerra contro le morosità delle famiglie i cui figli fruiscono della mensa scolastica senza che ne venga pagata la retta.
Oltre ad inviare l’ingiunzione di pagamento (sembra con un certo successo, visto che le famiglie morose sono passate da 500 a 144), il battagliero sindaco ha emesso un’ordinanza con la quale ha diffidato insegnanti e gestore del servizio dal somministrare la refezione agli alunni delle famiglie morose. Ma gli insegnanti si sono rifiutati di operare tale discriminazione, invitando tutti gli alunni a fornirsi di panino da consumare insieme.
Come dire, insomma, che la colpa dei padri (se di colpa davvero si tratta) non ricada sui figli: nessuna apartheid nella refezione.
Il sindaco intende recuperare, anche con pagamenti rateizzati, i debiti contratti dai cittadini morosi che hanno provocato un buco nel bilancio comunale di un milione e 200 mila euro e, pertanto, è intenzionato a proseguire nella sua lotta.
L’episodio non può non richiamare l’attenzione sul problema cronico e irrisolto dei mancati pagamenti delle rette per la fruizione dei pasti a scuola o per la frequenza di scuole dell’infanzia anche non statali.
Dietro ai casi (non pochi) di famiglie morose a causa della crisi economica (le cronache di Corsico ne hanno citato diversi), vi sono situazioni di famiglie abbienti che per principio (la scuola è pubblica e deve essere gratuita) o per calcolo (contano sull’impunità ritenendo che la scuola o il Comune non dispongono di mezzi coercitivi vincenti) si guardano dall’ottemperare alla ingiunzione o all’invito a pagare.
Sanno, ad esempio, che la scuola difficilmente escluderà dalla fruizione della mensa l’alunno, figlio di una famiglia morosa.
Non si dovrà mica arrivare a far affiggere all’albo della scuola l’elenco di chi non ottempera, nonostante solleciti e ripetuti inviti?
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