La sentenza della Corte Europea sul crocefisso in classe anima il dibattito politico anche il giorno dopo la sua emissione.
In particolare oggi il quotidiano “La Stampa” pubblica una lunga intervista al ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, la quale dichiara senza mezzi termini che “la Corte europea sbaglia. Il crocifisso in classe non è soltanto un simbolo religioso ma è un simbolo della nostra tradizione. Nessuno vuole imporre nulla, chiediamo però che non siano cancellati i nostri simboli“.
Per il ministro, che ha confermato il ricorso contro la decisione della Corte, il crocefisso “è certamente un simbolo religioso ma la sua presenza in classe non significa adesione al cattolicesimo, è la nostra storia, la tradizione. Le radici dell’Italia passano anche attraverso simboli, cancellando i quali si cancella anche una parte di noi stessi. Purtroppo – aggiunge – quest’Europa che non valorizza il passato dei Paesi ma annichilisce tutto in nome della laicità desta preoccupazione“.
La Gelmini non crede che gli alunni di religioni diverse o atei possano sentirsi turbati dalla presenza in classe del crocifisso, “come non risultano turbati gli studenti cattolici di fronte ai simboli di altre religioni. Sono problemi che vengono sollevati soltanto da alcuni genitori ideologgizzati“.
Il ministro prende anche in esame l’ipotesi che la Corte possa non accogliere il ricorso dell’esecutivo rendendo definitiva la decisione: si sta valutando “anche questa eventualità con gli uffici legislativi. E’ chiaro che se il ricorso non venisse accolto si aprirebbe un problema serio. E’ anche vero, però, che la nostra Costituzione riconosce, giustamente, un valore particolare alla religione cattolica“. “Non vorrei – conclude il ministro – che alcune norme cui si rifanno i giudici della corte di Strasburgo fossero in contrasto con il nostro dettato costituzionale“.
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