
di Isabella A. Pannoncini
L’Apprendimento Cooperativo (AC) è una metodologia che permette agli alunni di condividere obiettivi didattici e mettere in pratica quanto imparato. In questo modo si crea un contesto inclusivo valido per tutti gli alunni, in cui ogni componente è apprezzato per ciò che sa fare e ha un ruolo preciso da svolgere.
Esso è dunque uno strumento compensativo e dispensativo allo stesso tempo, espone e protegge i membri e “costringe” tutti a partecipare. Ma in pratica, come fare?
Sono un’insegnante di scuola primaria e ho sempre pensato che il “gruppo” rappresentasse nella didattica una grande risorsa e che potesse fornire a tutti i componenti un forte stimolo all’apprendimento, così iniziai a proporre ai miei alunni attività da svolgere in gruppo. I problemi nascevano quando chiedevo loro di realizzare le attività proposte. Le difficoltà che mi trovavo ad affrontare erano molteplici: tono della voce (troppo alto per alcuni, troppo basso per altri), predominanza di alcuni e passività di altri, gestione degli spazi, valutazione del prodotto finale.
Nonostante gli ostacoli, ntuivo che quella fosse la strada giusta. Osservavo continuamente gli alunni e mi rendevo conto che c’era sempre qualcosa che non andava. Iniziai allora a documentarmi ed approfondire i temi legati all’apprendimento cooperativo.
Compresi la differenza tra “lavoro di gruppo” e “gruppo cooperativo” e lentamente iniziai a muovermi in tal senso. Lo scorso anno, in terza, iniziai a utilizzare un modello cooperativo semplice proponendo lavori di coppia a intermittenza in cui, con un ritmo abbastanza incalzante, alternavo la mia spiegazione a momenti di lavoro a due, rendendo così l’argomento trattato più vivace. Utilizzando questa strategia ho notato che i bambini recepivano questo modo di lavorare come un gioco e, divertendosi, riuscivano anche a trattenere maggiori informazioni.
Durante le attività osservavo le coppie all’opera cercando di bilanciarle per evitare che uno dei due prevalesse sull’altro e permettendo a entrambi di essere soggetti attivi. Successivamente iniziai una fase di “studio sul campo” proponendo attività più complesse pensate raccordando quanto appreso ai corsi e sui libri, il programma da svolgere e la realtà del mio gruppo classe. L’introduzione degli aspetti caratterizzanti l’AC fu graduale, ogni attività svolta mi dava lo spunto per introdurre qualcosa di più e migliorare qualcos’altro e vedendo la risposta dei bambini cresceva in me la voglia di proseguire.
Attualmente la classe è suddivisa in gruppi cooperativi di quattro alunni ciascuno, ognuno ha il proprio ruolo e con impegno, fatica e tanto entusiasmo porta a termine le attività che giornalmente è chiamato a svolgere. Ogni compito assegnato, o “obiettivo” come lo chiamo io, è soltanto il mezzo per poter apprendere attraverso un processo metacognitivo, che consente loro di imparare ad imparare, riconoscendo le abilità e le strategie da utilizzare nel contesto. Lavorando in questo modo i miei alunni si divertono tantissimo e sono motivati ad apprendere, perché pensano di giocare e non si accorgono che per farlo stanno utilizzando la maggior parte delle loro potenzialità e conoscenze.
L’aspetto che più mi affascina di questo diverso modo di lavorare è il cambiamento dei ruoli: i bambini sono veri e propri attori nel processo del loro apprendimento e io mi sento la regista che coordina e dirige gli attori sul set della conoscenza.
Non so se quello che faccio in classe può essere definito AC da manuale, so solo che con i miei alunni funziona e ne sono felice e proprio per questo, un po’ alla volta, mi piacerebbe condividere con chi vorrà la mia esperienza sul campo… praticamente!
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