INVALSI/3: quale grado di indipendenza potrà avere?
Mentre si pongono le basi per delineare il servizio di valutazione nazionale del sistema di istruzione e formazione e il ruolo dell’istituto che dovrà gestirlo, sorge una domanda di fondo: qual è il grado di indipendenza dell’Invalsi dall’Esecutivo e dallo stesso ministero dell’istruzione?
Non è una domanda oziosa. Se è comprensibile che chi ha responsabilità politica debba fornire direttive e linee guida (come prevede l’articolo 2, comma 3 dello schema di decreto sul servizio di valutazione approvato il 26 marzo dal Consiglio dei ministri), e sia forse anche giusto che eserciti la vigilanza sull’istituto che gestisce il servizio, suscita perplessità il fatto che sia lo stesso Governo a nominare il presidente dell’Istituto (articolo 5) e sia il ministro dell’istruzione a nominare i cinque membri del comitato direttivo (articolo 6), di cui due designati dal ministro del lavoro e dal presidente della Conferenza Stato-Regioni.
Evidentemente l’incarico, di durata triennale, diventa in tal modo soggetto allo spoils system.
Il legame tra committente e ministero rende certamente meno autonoma o addirittura non indipendente l’attività dell’Invalsi.
E la mancanza di indipendenza rischia di pregiudicare l’attendibilità dell’intero servizio di valutazione, rischiando inevitabilmente di togliere credibilità, anche nelle migliori delle ipotesi, agli esiti “oggettivi” delle valutazioni sul sistema.
Insomma se il servizio dovrà misurare la qualità del sistema di istruzione e di formazione, non sarà certamente secondario il fatto che sia dipendente o meno dal responsabile politico del sistema stesso. Che ne pensano Conferenza unificata e Commissioni parlamentari?
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