Invalsi/2. I dubbi degli esperti

D’altra parte anche i tre esperti consultati dall’Invalsi agli esordi della presidenza Cipollone (Andrea Checchi, Andrea Ichino e Giorgio Vittadini) nel saggio “Un sistema di misurazione degli apprendimenti per la valutazione delle scuole: finalità e aspetti metodologici”  avevano consigliato di confrontare i risultati delle prove standardizzate con i voti assegnati dagli insegnanti nel corso dell’anno e negli esami “allo scopo di effettuare una valutazione basata su più dimensioni che consenta di non perdere alcuni aspetti fondamentali della nostra ‘cultura’ scolastica non rilevabili attraverso l’esclusiva somministrazione di prove standardizzate, quali ad esempio la verifica della capacità di esposizione orale o di composizione di un testo, la capacità di esposizione critica e sistematica del proprio pensiero, la capacità di cogliere ed esprimere i nessi fra più discipline, la capacità di ‘produrre’ opere complesse (una riproduzione di una opera d’arte, un tema, un progetto)”.

Ancora più drastico il matematico Giorgio Israel, consigliere del ministro Gelmini per la formazione dei docenti, secondo il quale la valutazione va intesa “come un processo culturale e non come un processo manageriale” avendo per oggetto privilegiato “contenuti culturali, non misurabili, non passibili di una definizione oggettiva affidabile alla gestione di ‘esperti’ esterni”. Neanche a quelli dell’Invalsi…