Invalsi. Prof che aiutano? In galera (negli USA)

"Le vacanze di Pasqua quest’anno le ho fatte negli USA, e per caso mi è capitato sott’occhio un quotidiano americano dove compariva la fotografia di alcuni insegnanti arrestati dai poliziotti perché responsabili di aver aiutato i loro alunni nei test". Anna Maria Ajello, presidente dell’Invalsi, butta lì questo suo ricordo personale interrompendo la lettura della sua comunicazione sul Rapporto 2015 dell’Istituto proprio alla fine di un passaggio nel quale sottolineava con forza quanto sia importante per il Paese avere un quadro preciso della situazione del sistema educativo, fondato su dati attendibili, non inficiati dal cheating (copiature, suggerimenti, ‘aiutini’), soprattutto se a rendersene responsabili sono gli stessi insegnanti.

Commenti e brusii in sala ("cosa vorrà dire, è un avvertimento anche per noi?"), seguiti da un rassicurante "Tranquilli, da noi non succederà", e da una meno rassicurante sottolineatura del fatto che in futuro le prove Invalsi potrebbero diventare obbligatorie, previste da leggi e regolamenti, costituenti un "servizio essenziale" (sottinteso: chi le boicotterà e falsificherà i dati si renderà responsabile di un reato, quello di interruzione di un servizio pubblico o di un servizio di pubblica utilità, punito dall’art. 340 del codice penale).

È preoccupante comunque, come ha osservato il responsabile delle prove, Roberto Ricci, che sia soprattutto al Sud che vengono denunciate situazioni di mancata somministrazione delle prove o di cheating: proprio là dove alle scuole e alle altre autorità territoriali competenti in materia di istruzione più servirebbe di disporre di dati oggettivi per effettuare interventi appropriati.

Anche al Sud tuttavia, ha notato Ajello, la partecipazione delle scuole al RAV (Rapporto di Autovalutazione) è stata massiccia, come al Nord, tra il 95 e il 100%. Significa che lentamente la cultura della valutazione di sistema si sta diffondendo.

Un’accelerazione, e un forte contenimento del cheating, potrebbero derivare dall’impiego del computer per la somministrazione e la valutazione delle prove, ma qui il discorso si fa più complessivo perché la transizione alla scuola digitale comporterà un crescente e sistematico ricorso a prove computer based. A quel punto le prove Invalsi finalizzate alla valutazione di sistema diventeranno probabilmente non troppo diverse da quelle apprestate dagli insegnanti per la valutazione didattica nel corso dell’anno.