
L’imminente decisione europea sull’esposizione del crocifisso in classe, fortemente sollecitata dall’Italia, riapre ancora una volta la questione della laicità dello Stato e il problema dell’insegnamento della religione cattolica all’interno del curricolo scolastico.
Sembra che l’Italia, in proposito, abbia una posizione molto differenziata rispetto al resto d’Europa e del mondo. Ma è proprio così?
Scorrendo i dati riportati dalla pubblicazione dell’OCSE sullo stato dell’istruzione nel mondo del novembre scorso, si può rilevare che, ad esempio, nel settore della scuola secondaria di I grado (o livello equivalente in altre parti del mondo) il peso, in termini percentuali, dell’insegnamento religioso rispetto al totale delle discipline insegnate, vede l’Italia, con il 3%, sotto la media dell’Ocse e dell’Unione, attestate al 4% ( http://www.tuttoscuola.com/ts_news_440-1.doc ).
Sopra la media europea in fatto di peso incidente dell’insegnamento religioso sull’intero curricolo obbligatorio si trovano la cattolicissima Irlanda, l’Austria, diversi Paesi nordici e il Regno Unito (5%). Mentre diversi Paesi, anche europei, non comprendono per nulla tale insegnamento all’interno del curricolo.
È il caso della laicissima Francia, della Germania, del Portogallo e della stessa Spagna che ha sì compreso la religione tra gli insegnamenti obbligatori, inserendola, tuttavia tra gli insegnamenti opzionali del curricolo obbligatorio.
Dalle nostre parti l’IRC fa invece un balzo in avanti nella scuola primaria dove, su un quasi identico curricolo obbligatorio che può arrivare a 30 ore come nella scuola media, le ore di insegnamento sono due alla settimana, determinando, in tal modo, un raddoppio della percentuale di incidenza sul totale delle discipline insegnante che supera il 6%.
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