Il test Invalsi vanno difesi. Ma anche migliorati

Quest’anno, nel clima di forte tensione creatosi all’interno delle scuole a seguito delle iniziative sindacali di opposizione al Ddl Buona Scuola, culminate nello sciopero del 5 maggio, a farne le spese sono stati i test Invalsi, soprattutto quelli previsti il 12 maggio per gli studenti del secondo anno delle secondarie superiori.

Il ministro Giannini, nel deprecare il boicottaggio delle prove, ha parlato di un 80% di test comunque somministrati, ciò che salvaguarderebbe in qualche modo la loro significatività almeno dal punto di vista della valutazione di sistema, ma da notizie diffuse dai Cobas e riprese dalla stampa locale sembra che soprattutto nel Sud le cose siano andate molto peggio, con classi e addirittura scuole intere in cui i test non sono stati fatti o sono state date ai quesiti risposte ironiche, o casuali, in modo da inficiarne il valore.

Il fenomeno è preoccupante perché sottrae ai decisori politici centrali e alle scuole elementi di informazione preziosi. Elementi utili ad adeguare, per quanto riguarda il centro, le Indicazioni nazionali relative all’apprendimento dell’italiano e della matematica, materie chiave anche per altri apprendimenti, e per effettuare politiche selettive di formazione in servizio dei docenti e altri interventi di riequilibrio. E informazioni altrettanto importanti anche a livello territoriale e delle singole scuole per effettuare azioni didatticamente efficaci.

A condizione però – e questa dovrebbe essere una preoccupazione condivisa da tutti coloro che si occupano di valutazione di sistema (ma anche didattica, quella che si fa in classe) – che ci sia una corrispondenza tra i risultati dell’azione didattica in termini di competenze (uso razionale delle  conoscenze)  e il tipo di prestazione richiesta dai test. Idealmente dovrebbe esserci una tendenziale convergenza tra le prove di verifica assegnate dai docenti in classe e i test standardizzati nazionali. Altrimenti il diseducativo teaching to the test sarà inevitabile (d’altra parte non lo si può vietare) e la preparazione dello studente sarà scissa in due tronconi poco comunicanti e valutati con criteri difformi.

Trattandosi di scuola dell’obbligo sarebbe auspicabile una maggiore omogeneità degli obiettivi formativi e dei criteri per valutarne il raggiungimento da parte sia dei docenti sia dell’Istituto preposto alla valutazione di sistema.