Il TAR sale in cattedra

Sul Corriere della Sera ieri Giovanni Berardelli ha commentato una recente sentenza del TAR che ha annullato la bocciatura di un liceale romano non ammesso alla classe successiva a causa di tre pesanti insufficienze (due tre e un quattro).

I giudici amministrativi hanno bocciato il consiglio di classe perché avrebbe dovuto valutare complessivamente lo studente, anziché far pesare le insufficienze in tre materie (matematica, fisica e storia dell’arte) che in un liceo classico, a loro parere, non hanno molta rilevanza.

L’articolista, oltre a considerare una ‘sciocchezza’ quella strana motivazione, dichiara che lascia di stucco il fatto che in questo modo il TAR salga letteralmente in cattedra. Ancora una volta.

Finisce infatti per sostituirsi agli insegnanti in quell’attività chiave della loro funzione pedagogica che consiste nella valutazione di uno studente: una valutazione che può fare a ragion veduta (o almeno così credevamo) solo chi lo abbia avuto in classe per un anno scolastico.

Non è questo l’unico caso, né sarà l’ultimo, come Tuttoscuola ha ribadito anche recentemente per un’altra sentenza del giudice amministrativo che in una scuola media della capitale ha bocciato il giudice naturale dello studente (il consiglio di classe), sostituendosi alla valutazione degli insegnanti sulla base, a quanto sembra, di alcune valutazioni parziali e sul fatto che nell’anno precedente l’alunno aveva avuto un rendimento positivo.

Il giornalista osserva che una parte del Paese pensa ormai che valutare il merito voglia dire discriminarlo, porlo ai margini della società. E ricorre al giudice amministrativo, perché dietro ai voti e alle insufficienze non sa vedere altro che un atto illegittimo.

Noi aggiungiamo che chi ricorre (con un buon legale) sa ormai di poter contare sui giudici amministrativi che assumono il ruolo di valutatori sulla base non della conoscenza effettiva dell’alunno, forti di frequenti sentenze che ormai sono una costante giurisprudenziale.