Il ministro toglie il piede dall’acceleratore del maestro unico?

Sulla riforma organizzativa della scuola primaria che prevede il maestro unico vi sono due ipotesi interpretative che stanno dividendo le speranze e i timori della scuola. La prima, radicale, prevedrebbe la presenza completa ed esclusiva di quel docente su una sola classe, dentro la quale svolge tutto il suo orario di lavoro di 22 ore.

La seconda, più flessibile, prevedrebbe invece una presenza prevalente ma non esclusiva di quel docente nella classe entro cui potrebbe prestare una quantità considerevole del proprio insegnamento (es. 18 ore settimanali), lasciando però spazio ad altri docenti specializzati in taluni insegnamenti non alla sua portata (non solo inglese e religione).

La prima escluderebbe qualsiasi intervento di flessibilità organizzativa da parte della scuola, imponendo il modello senza se e senza ma. La seconda interpretazione assomiglierebbe, invece, al tutor già introdotto dalla Moratti (e poi disapplicato) e rimetterebbe alle scuole l’autonomia decisionale sull’organizzazione didattica, pur acquisendo il principio del docente di riferimento.

La via scelta dal ministro Gelmini in questi mesi è sempre apparsa quella della prima ipotesi. Sul sito del ministero lo spazio dedicato alla scuola che cambia dà risalto al maestro unico, riportando le situazioni dei Paesi europei dove, rispetto all’organizzazione italiana a modulo con più docenti in situazione paritetica, si ha il docente unico generalista che insegna tutte le discipline o, in qualche caso, il docente quasi unico con prevalenza di insegnamenti e sostegno di taluni specialisti.

Ci si aspettava, dunque, dalla circolare sugli organici una conferma sulla prima radicale ipotesi interpretativa, ma sembra invece che emerga la seconda, corroborata da numerosi richiami (quasi degli incoraggiamenti) all’autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche. Saranno soddisfatti, crediamo, molte scuole e molti insegnanti, tuttora coinvolti in soluzioni organizzative diverse più attente alla pluralità dei docenti.