I permessi retribuiti per i docenti a tempo indeterminato: un intervento della Suprema Corte di Cassazione

Le traversie applicative di una disposizione contrattuale

L’art. 15, comma 2, del Ccnl scuola 29.11.2007, tuttora vigente, cosi disciplina i permessi per il personale docente con contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato:

“. Il dipendente (…)  ha diritto, a domanda, nell’anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione. Per gli stessi motivi e con le stesse modalità, sono fruiti i sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all’art. 13, comma 9, prescindendo dalle condizioni previste in tale norma”. 

La disposizione pattizia provoca, da subito, qualche difficoltà interpretativa, obbligando l’Aran – con la nota 2 febbraio 2011, n. 2698, indirizzata all’U.S.R. della Puglia, a chiarire come i giorni effettivamente spettanti, ai docenti di “ruolo”, siano nel complesso nove:

  • 3 giorni specificamente tipizzati come permessi;
  • a cui vanno ad aggiungersi altri 6 giorni che, mutando natura giuridica, da ferie divengono legittimamente fruibili quali permessi.    

Non basta.

L’articolo contrattuale continua, anche in prosieguo di tempo, a non avere una sorta di pace applicativa. Alcuni interpreti, infatti, sostengono – acquisendo un notevole consenso tra i docenti – che la locuzione utilizzata dal testo contrattuale – motivi personali o familiari – generica ed ampia, consenta loro di poterli utilizzare senza dover indicare o precisare il motivo della richiesta. In altre parole, il docente necessitato ad assentarsi da scuola a causa di una esigenza personale e/o familiare, non ha, a dire dei predetti interpreti, alcun obbligo di evidenziare le specifiche ragioni.

Ed è su questo aspetto che, ancora una volta, interviene l’Aran, per precisare:

“… il dipendente è tenuto a fornire una motivazione, personale o familiare, che deve rappresentare il presupposto giustificativo del permesso. La disposizione contrattuale stabilisce altresì che la stessa deve essere documentata, anche mediante autocertificazione del dipendente interessato.

L’intervento della Suprema Corte di Cassazione

Malgrado la chiarificazione intervenuta, un docente di una istituzione scolastica milanese, nel chiedere un giorno di permesso per esigenze familiari, così lo motiva: “dover accompagnare la moglie fuori Milano”.

Il diniego opposto dal dirigente scolastico, a fronte di una motivazione apparsa vaga e/o imprecisa, vede l’interessato – che pure risulta soccombente nei primi 2 gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello, di Milano) – adire, da ultimo,  la Suprema Corte di Cassazione, che, con l’Ordinanza n.12991 del 13 maggio 2024, tanto decide in tema: il diritto ai giorni di permesso, è “… subordinato alla ricorrenza di motivi personali o familiari che il dipendente è tenuto a documentare anche mediante autocertificazione”, in quanto riflette “… l’esigenza che si tratti pur sempre di un motivo idoneo a giustificare l’indisponibilità della prestazione, il che comporta che quel motivo sia adeguatamente specificato…”.  

L’interessato, dunque, avrebbe dovuto prospettare la situazione familiare in modo più preciso e puntuale. Ad esempio, dichiarare il bisogno di accompagnare la moglie per una visita medica presso l’Ospedale di (…), senza indicare il reparto e, meno che mai la tipologia della visita stessa, attesa la tutela di riservatezza per questi due dati personali. Per contro,   era obbligata l’indicazione della struttura sanitaria: avrebbe consentito al dirigente scolastico, ove sussistessero ragionevoli dubbi su quanto autodichiarato, la possibilità – ai sensi dell’art. 43, del Dpr n.445/2000 – di controllare e accertare, nel caso di specie, la sola presenza, nel giorno indicato, della moglie del docente presso l’Ospedale, senza alcuna altra notizia o riscontro.  

Un fronte aperto  

La decisione della Suprema Corte, tuttavia, apre un ulteriore “fronte interpretativo” nell’applicazione dell’articolo in commento, poiché aggiunge: “… il dirigente al quale è rimessa la concessione” ha “il potere di valutarne l’opportunità sulla base di un giudizio di bilanciamento delle contrapposte esigenze”. Non altro, dunque, che la prerogativa, rimessa al dirigente scolastico, di adottare la decisione effettuando una scelta fondata sulla ponderazione di un interesse pubblico primario (il regolare funzionamento del servizio scolastico) con un interesse secondario (la pretesa del docente alla fruizione del permesso).

Interpretazione, quest’ultima, che si pone in patente contrasto con la formulazione testuale dell’art. 15 – “il dipendente ha diritto” – e, ancor più, con l’Orientamento applicativo dell’Aran dianzi richiamato: “In ogni caso i motivi addotti dal lavoratore non sono soggetti alla valutazione del dirigente scolastico. Infatti, la clausola prevede genericamente che tali permessi possono essere fruiti “per motivi personali e familiari” consentendo, quindi, a ciascun dipendente, di individuare le situazioni soggettive o le esigenze di carattere personale o familiare ritenute più opportune ai fini del ricorso a tale particolare tutela contrattuale”. 

Le Organizzazioni sindacali di settore esprimono, su questo particolare aspetto, posizioni diverse.

Alcune, plaudono alla decisione della Corte e ritengono che il diritto ai permessi debba essere – pel tramite del dirigente scolastico – bilanciato dall’ordinato svolgimento del servizio scolastico.

Altre, invece, pur considerando corretto il bilanciamento delle “contrapposte esigenze” deciso dalla Corte, precisano che, un eventuale rifiuto della richiesta da parte del dirigente scolastico, debba essere adeguatamente motivato, ovvero debba indicare, puntualmente, le eventuali ragioni ostative.

Altre ancora, hanno chiesto, al presidente dell’Aran, una immediata convocazione delle Organizzazioni sindacali, al fine di stabilire una corretta applicazione della norma contrattuale. 

Una situazione più che problematica, quella illustrata, i cui sviluppi seguiremo e di cui daremo tempestivo riscontro in un prossimo intervento.

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