“Grande bellezza” in piazza contro la “Buona Scuola”. Coazione a ripetere?

Saranno stati 100.000, come asseriscono gli organizzatori, oppure 20.000, come sostengono altre fonti, ma non si ha l’impressione che gli studenti che hanno preso parte alle manifestazioni svoltesi in tutta Italia il 10 ottobre 2014 siano l’avanguardia di un movimento capace di esprimere lo stato d’animo e le aspettative di un’intera generazione, come avvenne con il movimento del sessantotto o, in misura assai più limitata, con quello della Pantera del 1990, quando fu coniato lo slogan “La pantera siamo noi”. Poi la pantera che qualcuno diceva di aver visto a Roma non fu trovata, e anche il movimento dopo poco tempo svanì nel nulla.

Ora ci risiamo. Gli studenti, prendendo lo spunto questa volta da un film di grande successo, vincitore del premio Oscar per il miglior film straniero, hanno adottato, anzi adattato lo slogan di 24 anni fa srotolando lunghi striscioni con la scritta “La grande bellezza siamo noi”.

Speriamo di no, perché nel film di Sorrentino alla grande bellezza della città di Roma si accompagnava la grande miseria morale, un mix di cinismo e stanco scetticismo, dei protagonisti: il contrario di quel mix di attivismo partecipativo e massimalismo ingenuo che sembra caratterizzare il comportamento degli studenti di quest’ultima generazione.

Le loro analisi (quelle dei 100.000 o 20.000 che sono scesi in piazza) suonano tuttavia inesorabilmente vecchie a chi le ha ascoltate più volte in passato, con governi di centro-destra e anche di centro sinistra. Con poche varianti le ritroviamo ora riferite al documento ‘La Buona Scuola’, “che apre le porte agli interessi delle imprese, che dà più poteri ai presidi, che valuta e punisce docenti”.

Sarebbe bello che tra i molti studenti che non si percepiscono come una “grande bellezza” nascesse un movimento che chieda al Parlamento e al governo di realizzarla davvero una ‘Buona Scuola’: più efficiente, più equa, più moderna, più capace di migliorare la qualità degli apprendimenti, con insegnanti (e presidi) più preparati. Forse il dialogo con i decisori politici sarebbe più costruttivo.