Gli Alberto Manzi del nuovo millennio. Un’inchiesta di Repubblica

Chi è il ‘maestro’ degli emarginati e dei neoanalfabeti (in senso tecnologico) del nostro tempo? L’Alberto Manzi del nuovo millennio, cinquant’anni dopo quello della celebre serie televisiva ‘Non è mai troppo tardi’, a cui la RAI ha meritoriamente dedicato una fiction vista da ben sei milioni di utenti (21% di share)?

A questa domanda cerca di rispondere un originale servizio pubblicato nell’inserto di Repubblica di giovedì scorso, una serie di brevi, vivaci schizzi giornalistici che parlano non (solo) di scuola, ma di calcio, musica, volontariato, multiculturalità e dei tanti modi con i quali insegnare ed educare nell’Italia di oggi.  Sei ministorie, più un video, che parlano dei “tanti, nascosti formatori nel mondo dell’insegnamento, del lavoro, del welfare, del volontariato italiano per i quali la scuola vera può cominciare anche ‘fuori dall’aula’, come scrive Conchita Sannino nell’articolo che apre l’inchiesta, “che pensano che le lezioni diano più frutto se non si impartiscono ma si costruiscono sfruttando le curiosità o gli ostacoli di ogni giorno, che lo stesso segreto dello sport comincia quando hai finito di giocare, e vive fuori dal campo di calcio così come quando scendi da un ring o ti tiri via da una piscina.

Anche le altre cinque storie parlano di modi alternativi per riaccostare i giovani più ‘difficili’ all’apprendimento, e ciò che hanno in comune è che lo stimolo nasce (tranne che nel caso della motivatissima maestra di una classe multiculturale di Torino), fuori della scuola, a partire dagli interessi degli studenti (lo sport, la musica rap, o anche forme di assistenza personalizzata allo studio), in ambienti adattati, a volte fortunosamente.

E se queste attività extrascolastiche, ma profondamente educative, fossero svolte non fuori ma dentro le scuole, come propone Tuttoscuola nel dossier ‘Sei idee per rilanciare la scuola’? Per sfruttare al meglio il patrimonio che pure c’è, ed è sottoutilizzato, “non è mai troppo tardi”!