Giorgio Allulli: sei proposte fattibili, ecco perchè

Ancora una volta Tuttoscuola fornisce un importante servizio alla scuola italiana, offrendo alla discussione sei proposte concrete, fattibili, che vanno al cuore dei problemi e delle carenze del nostro sistema scolastico e riaccendono un dibattito messo un po’ in sordina dalle difficoltà economiche e strutturali che negli ultimi tempi sono diventate la questione prioritaria da affrontare.

La prima proposta prevede di ottimizzare l’utilizzo delle strutture scolastiche, estendendo l’orario di apertura per offrire maggiori servizi agli studenti ed alla comunità: è una proposta assolutamente condivisibile, perché la scuola è una risorsa culturale fondamentale per la comunità, e costituisce uno spreco gravissimo concentrarne le attività e le potenzialità solamente sull’offerta didattica curricolare per gli studenti. La scuola, come accade in altri Paesi, dovrebbe diventare il cuore pulsante della Comunità, il luogo dove si organizzano, a cura della scuola stessa o di altri organismi, pubblici e privati le più svariate attività culturali; anzi la scuola, come centro di aggregazione, potrebbe vivificare molte comunità, sia urbane che rurali, oggi un po’ spente. Tuttoscuola propone un elenco di attività aggiuntive che la scuola potrebbe organizzare, ricordando giustamente l’importanza dell’educazione permanente; non va dimenticato però che oltre al rapporto tra scuola, territorio e comunità civile va rafforzato il rapporto tra scuola territorio e comunità produttiva. Il recente Decreto del MIUR, che definisce le Linee guida riguardo all’istituzione dei Poli tecnico professionali, è un buon contributo in questa direzione, ma va sostenuto; in un sistema fondato su una molteplicità di imprese e di scuole di medio-piccole dimensioni, la presenza sul territorio di una forma organizzativa (il Polo) che raccordi tra di loro le diverse tipologie di offerta formativa (Istituti tecnici, Professionali, Centri di Formazione) che operano per lo stesso ambito produttivo,  e si proponga come punto di riferimento per la formazione iniziale e continua e per l’orientamento, appare determinante per rafforzare l’intreccio della scuola con il mondo del lavoro, favorendo la qualità della formazione, l’occupabilità di giovani ed adulti e la competitività dello stesso sistema produttivo. Oltre alla normale attività formativa il Polo potrebbe realizzare un’attività di supporto tecnico (consulenza ed assistenza) ed in alcuni casi di ricerca applicata e trasferimento tecnologico per le imprese del territorio che operano all’interno dello stesso settore, specialmente per le piccole e piccolissime imprese che hanno difficoltà ad introdurre l’innovazione in modo autonomo[1].

Il secondo punto riguarda la lotta all’abbandono scolastico; anche in questo caso il problema è centrale, e le proposte di Tuttoscuola sono ampiamente condivisibili; a queste va aggiunto che spesso l’abbandono nasce dal disinteresse verso un insegnamento considerato troppo teorico; di qui l’importanza di incentivare una didattica che si poggi fortemente sulla pratica, che utilizzi metodologie induttive piuttosto che deduttive e di valorizzare l’istruzione e la formazione professionale, oggi ingiustamente considerate scuole di serie B. Da non dimenticare anche la questione della rotazione dei docenti, elevatissima proprio nelle aree più a rischio, che maggiormente necessiterebbero di continuità didattica.

La terza proposta affronta un problema annoso, che tante polemiche e proposte ha suscitato e continua a suscitare in Italia: come riconoscere il merito dei docenti e premiare chi si impegna di più per la scuola? Sostanzialmente Tuttoscuola propone di definire degli indicatori oggettivi sui quali si innestano valutazioni qualitative, effettuate  a livello di Istituto; mi permetto di provare ad aggiungere qualche dettaglio operativo, ripreso da una analoga proposta presentata all’allora Ministro Lombardi in tempi ormai lontani: gli indicatori oggettivi dovrebbero essere utilizzati come base minima necessaria per accedere alla valutazione qualitativa, ma non dovrebbero costituire elemento sufficiente per l’avanzamento di carriera: occorre infatti evitare il rischio di premiare i docenti solo per  la loro attività extraclasse. Il riconoscimento del merito deve considerare il lavoro che si fa in classe, e pertanto è necessaria una valutazione qualitativa: questa, più che dal Consiglio di Istituto, potrebbe essere fatta essere fatta dal dirigente scolastico e dal responsabile del dipartimento nel quale opera il docente sottoposto a valutazione; è da considerare l’opportunità di coinvolgere nella valutazione un genitore, che potrebbe raccogliere l’opinione degli altri genitori della classe o delle classi nelle quali opera l’insegnante. Comunque si tratta di un’operazione da compiere con molta attenzione, evitando di ripetere gli errori compiuti in altri Paesi, come gli Stati Uniti, dove l’idea di premiare i docenti e le scuole sulla base dei risultati dei test ha prodotto effetti prevalentemente negativi.

La carenza di Ispettori (quarta proposta) costituisce un problema ingiustamente sottovalutato in Italia: negli altri Paesi, come Francia ed Inghilterra, gli ispettori rappresentano la spina dorsale del sistema scolastico, e non solo per loro funzioni di controllo, ma anche e soprattutto per le loro funzioni di supporto al sistema e di assistenza tecnica alle scuole, più che mai necessaria in regime di autonomia. L’ultimo concorso ispettivo espletato, oltre ai limiti quantitativi ricordati da Tuttoscuola, ha presentato anche rilevanti limiti qualitativi, consistenti nel fatto che si basava su un profilo molto tradizionale di ispettore, rivolto a funzioni di controllo formale più che a funzioni di supporto didattico, e di valutazione finalizzata al sostegno delle scuole.

Le piccole scuole (quinta proposta) rappresentano un fattore di costo non trascurabile, e la proposta di Tuttoscuola (responsabilizzare anche finanziariamente le Regioni e gli enti locali, analogamente a quanto si fa per altri servizi pubblici) è ampiamente condivisibile. Va segnalato però che in molti piccoli centri la scuola costituisce un importante presidio e fattore di identità della comunità locale, per cui la sua abolizione favorirebbe il processo di desertificazione di queste località; una possibile soluzione sarebbe quella di rimpiazzare il piccolo plesso con un presidio culturale (biblioteca, centro di educazione permanente) meno costoso ma nondimeno significativo per non lasciare completamente scoperta di offerte culturali la comunità locale.

Infine la digitalizzazione della scuola: su questo punto credo che vada approfondita la riflessione: quale deve essere il ruolo della scuola rispetto alle tecnologie digitali? Quali tecnologie digitali sono effettivamente utili per la didattica, anche in termini di costi/benefici? Quale deve essere il compito del docente rispetto a queste tecnologie? Andrebbero dunque sviluppate metodologie didattiche basate (anche) sulle nuove tecnologie, e la conseguente formazione dei docenti. Ritengo inoltre che vada assolutamente evitato il rischio di fornire alle scuole tecnologie che poi vengono scarsamente utilizzate (come è il caso di molte lavagne digitali) e che sono destinate a diventare obsolete nel giro di poco tempo; in tempi di abbondanza nulla quaestio, ma in tempi di risorse scarse la priorità credo che vada cercata altrove.