Formazione professionale: i rischi del regionalismo spinto

Si sarebbe potuto pensare che, se qualche forzatura avesse mai dovuto verificarsi in materia di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) curata dalle Regioni, questa sarebbe venuta dalle Regioni del Nord, da sempre desiderose di autonomia e governo casalingo del predetto sistema, particolarmente curato tra le varie materie affidate alla loro responsabilità. Sorpresa: invece no, è stato il Lazio a differenziarsi in modo considerevole dagli orientamenti nazionali, tanto da andare in contrasto con il decreto legge noto come Rilancio, approvato dal Governo il 13 maggio 2020.

In particolare, il Decreto Rilancio opera (art. 226) una sostanziale equiparazione tra il sistema nazionale dell’istruzione e quello regionale di IeFP, legittimando il ricorso alla Didattica a Distanza, sancendo la validità dell’anno formativo (com’è successo per l’anno scolastico) anche se, a causa del virus, non è stato possibile completare tutte le attività in presenza, prevedendo, infine, che la situazione di emergenza non avrebbe fatto scattare la decurtazione dei finanziamenti del sistema. In senso contrario, l’Assessore all’Istruzione e Formazione Professionale del Lazio, ex segretario della CGIL regionale, Claudio Di Berardino, ha portato in delibera, nella Giunta Regionale, un provvedimento che consente una diminuzione di sole 66 ore (da 1056 a 990) del monte ore annuale di formazione, l’erogazione dei finanziamenti solo a fronte di attività formative a distanza in cui sia tracciata la presenza di formatori e alunni, nonché l’emanazione di prossime norme per l’effettuazione delle attività pratiche (Project Working). Poiché il ritardo fin qui accumulato dal sistema è notevole, questo significa che per gli studenti dei percorsi IeFP erogati dalla Formazione Professionale laziale (ma non se i percorsi sono quelli attivati in regime di sussidiarietà dagli istituti professionali e tecnici della regione) l’anno formativo/scolastico terminerà a estate avanzata, se non proprio a ridosso del 2020/21. Evidente la contraddizione rispetto alle altre regioni, nonché, all’interno dello stesso Lazio, tra i corsi attivati dagli Enti storici e quelli degli istituti statali su “concessione” regionale.

Al di là delle dispute giurisdizionali (il Lazio poteva farlo? Il decreto legge Rilancio non vale in questa regione?) il coronavirus e i comportamenti regionali danno un argomento in più a quanti paventano che affidare poteri alle regioni in una materia tanto delicata qual è l’istruzione (e la formazione, che della prima è un ulteriore aspetto, se coinvolge il periodo dell’obbligo di istruzione) significa esporre il Paese al rischio della frammentazione culturale.