Formazione docenti: l’ipotesi della laurea magistrale abilitante

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Poco prima di diventare ministro l’allora sottosegretaria Lucia Azzolina aveva avanzato, in una intervista al Sole24ore, l’ipotesi di realizzare nel corso della corrente legislatura una sostanziale modifica degli ordinamenti dei corsi di laurea magistrale per gli aspiranti insegnanti di scuola secondaria in modo da rendere la laurea abilitante, come lo è già quella in Scienze della formazione primaria.

L’ipotesi era stata accolta con interesse da coloro che avevano aspramente criticato la decisione del precedente governo (ministro Bussetti) di eliminare il TFA triennale post lauream sostituendolo con un solo anno di formazione coincidente con quello di prova per i vincitori di concorso. Una decisione a suo tempo giudicata assai negativamente da Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, che in occasione del convegno citato nella precedente notizia ha quindi ribadito il suo apprezzamento per l’ipotesi del ministro. “È positivo – ha detto – che il ministro Azzolina preveda anche, come in molti altri paesi europei, fasi di tirocinio in vere classi scolastiche, prima del conseguimento della laurea”. 

La soppressione del tirocinio, presente nel TFA (Tirocinio Formativo Attivo) come, in precedenza, nella SSIS (Scuola di Specializzazione all’Insegnamento Secondario) e poi nella FIT (Formazione Iniziale e Tirocinio), aveva allontanato il nostro Paese dai modelli di formazione iniziale degli insegnanti adottati in quasi tutto il mondo. Per questo il suo reingresso nel percorso formativo di chi sceglie l’insegnamento come professione va accolto con interesse e favore, soprattutto se inserito in una logica reticolare come quella indicata da Baldacci sempre in occasione del convegno svoltosi a Tor Vergata il 24 febbraio.

Non tutti sono d’accordo. Il timore è che i tre anni della laurea di primo livello non garantiscano una sufficiente preparazione di base disciplinare. È questa l’opinione, per esempio, di alcuni collaboratori dell’associazione ROARS, che ripropongono analoghe preoccupazioni espresse in passato, tra gli altri, da Giorgio Israel. Ma per chi decide di insegnare la preparazione psico-pedagogica e una aggiornata didattica disciplinare e interdisciplinare sono importanti tanto quanto la solida conoscenza della disciplina. Un presupposto che dovrebbe valere anche per i docenti di ruolo, tra i quali però le iniziative e la stessa idea della formazione in servizio incontrano forti difficoltà e resistenze, come vediamo nella notizia successiva.