Formazione docenti/1. Un dramma italiano

Certo, bisogna distinguere tra scuola primaria e scuola secondaria. La formazione iniziale dei maestri, anche prima dell’entrata in vigore del provvedimento che nel 2002 rese obbligatoria la laurea in Scienze della formazione primaria per accedere all’insegnamento nella scuola elementare (“primaria” dal 2003), prevedeva che il corso di studi – prima quadriennale, poi quinquennale – contenesse attività di tirocinio (fino a quattro ore settimanali nell’ultimo anno). Attività poi giustamente potenziate e valorizzate nei corsi di laurea.

C’è chi ritiene che proprio alla presenza del tirocinio nella formazione iniziale dei maestri si debbano i buoni risultati ottenuti dagli alunni delle scuole elementari italiane nelle indagini comparative internazionali, come quelle condotte dalla IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement) fin dagli anni Settanta dello scorso secolo sugli alunni di 9 anni, confermati anche nelle edizioni successive dei programmi Pirls (lettura) e Timss (matematica e scienze). Ipotesi avanzata a suo tempo anche da Aldo Visalberghi, referente italiano della IEA, che anche alla mancanza del tirocinio nella formazione degli insegnanti di scuola media faceva risalire una delle ragioni dei cattivi risultati conseguiti dagli studenti italiani di quel livello di scuola nelle prove comparative, assegnate sempre dalla IEA in quegli anni.

Le indagini condotte negli anni successivi, e dal 2000 dall’Ocse-PISA sugli studenti quindicenni, cui si sono affiancati a partire dal 2006-2007 i dati delle prove Invalsi, hanno via via confermato questo quadro: buoni, o almeno accettabili risultati per gli alunni di scuola primaria, sempre peggiori man mano che si alza il livello di scuola considerato.

Quanto ha influito su questo scenario il fallimento delle misure volte a dare anche agli insegnanti di scuola secondaria una formazione professionale iniziale adeguata? Eppure la legge 19 novembre 1990, n. 341 (“Riforma degli ordinamenti didattici universitari”), la stessa in base alla quale sono stati istituiti i corsi di laurea in Scienze della formazione primaria, aveva previsto anche l’istituzione di una “specifica scuola di specializzazione articolata in indirizzi, cui contribuiscono le facoltà ed i dipartimenti interessati” con la quale “le università provvedono alla formazione, anche attraverso attività di tirocinio didattico, degli insegnanti delle scuole secondarie”.

Nacquero faticosamente le SSIS (2000-2009), poi i TFA, poi i PAS, tutti percorsi che comprendevano attività di tirocinio delle quali si è sempre saputo e capito poco. Ora è la volta dei 60 CFU (“Crediti formativi universitari nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche e linguistiche”) previsti da uno dei decreti attuativi del PNRR (DL n. 36 del 30 aprile 2022, poi convertito nella legge n. 79 del 23 giugno 2022). Basteranno a coprire il vuoto storico della formazione iniziale dei docenti di scuola secondaria? C’è chi ne dubita…

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