Formazione docenti/4. Formare per quale scuola? Serve una risposta chiara

In qualunque sistema educativo la formazione dei docenti, sia quella iniziale, sia quella continua, deve avere uno scopo, una finalità: da quella minima del mantenimento o perfezionamento tecnico delle competenze degli insegnanti nei sistemi scolastici stabili e percepiti dall’opinione pubblica come ben funzionanti a quella massima della radicale ridefinizione degli obiettivi della scuola e dei compiti dei docenti in presenza di fratture storiche di tipo rivoluzionario.

I sistemi scolastici contemporanei sono relativamente stabili, tranne che in alcuni contesti in forte transizione (Africa subsahariana, Afghanistan), perché relativamente stabili sono i relativi sistemi politici, ma spesso non sono ben funzionanti perché caratterizzati da alti tassi di dispersione, forti squilibri territoriali e insoddisfacenti livelli prestazione degli studenti, dovuti anche alla difficile situazione professionale degli insegnanti, spesso precari e poco o per nulla formati e aggiornati.

È il caso di alcuni Paesi europei ma soprattutto dell’Italia, ed è per questo che il PNRR ha opportunamente individuato nella formazione iniziale e continua dei docenti una delle riforme strutturali decisive ai fini della “ripresa e resilienza” del nostro Paese. Ma qual è la finalità della formazione prevista dalla legge 79/2022? C’è un obiettivo, un’idea guida alla quale finalizzare la formazione, e che sia in grado di motivare e coinvolgere attivamente i docenti? È forse quella lotta alla dispersione, legata anche alla personalizzazione dei percorsi formativi e della didattica di cui hanno più volte parlato nel corso di questo inizio di legislatura sia il ministro Valditara sia il prof. Bertagna?

Certo è che senza una spinta ideale che interessi e convinca i docenti nessun efficace processo di innovazione può essere innescato attraverso la formazione: così è stato all’inizio degli anni Novanta dello scorso secolo per le prime fasi di attuazione del progetto Brocca e del Progetto ’92 dell’Istruzione professionale, e anche per la sperimentazione del modello 3×2 per la scuola primaria a metà degli anni Ottanta.

Vedremo se l’attuale governo sarà in grado di disegnare un orizzonte progettuale innovativo che mobiliti gli insegnanti. Le nubi all’orizzonte non sono poche (come si muoveranno i sindacati? Le università e le scuole reggeranno la sfida? L’Amministrazione sarà all’altezza dei compiti ad essa affidati?) e pesa l’ombra lunga di un passato di fallimenti delle politiche del personale che sembra consegnare la scuola italiana a un destino di attesa di svolte importanti che non arrivano mai. Serve più che mai una scelta politica esplicita sulle finalità della formazione, ma prima ancora sul modello di scuola al quale essa è funzionale: se sarà quello – a nostro avviso equo e no partisan – dell’inclusione e della personalizzazione, non solo a parole ma nei fatti, dovranno essere fatte scelte in forte discontinuità col passato.

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