Europa, quanto ci costi!

L’obiettivo del raggiungimento della media retributiva dei docenti europei, compreso nel programma dell’Unione, riapre un dibattito ormai storico.
Il problema è più complesso di quanto possa apparire in una logica di semplice trasposizione: contano anche il locale potere d’acquisto degli stipendi, lo sviluppo di carriera, gli oneri di lavoro.
Non ci sono dati aggiornati ad oggi. Quelli a cui anche Tuttoscuola fa riferimento sono quelli che hanno preceduto l’introduzione dell’euro nel 2001, quando – presa a riferimento la posizione di 15 anni di carriera – i docenti italiani erano sotto del 13,20% agli stipendi dei colleghi europei; i docenti della scuola di I grado dell’8,40%; i prof. delle superiori del 14,85%.
In questi anni gli stipendi italiani sono stati incrementati contrattualmente secondo il tasso di inflazione o poco più; altrettanto si può presumere che sia avvenuto per gli altri stipendi europei.
Se si volesse colmare il gap attuale – come vuole il programma dell’Unione – occorrerebbe un intervento strutturale aggiuntivo ai normali incrementi contrattuali dell’importo di circa 3 miliardi di euro.
Nella stima elaborata da Tuttoscuola sono stati confermati i valori percentuali di differenza stipendiale esistenti nel 2001; quei tassi sono stati applicati agli attuali valori lordi annui degli stipendi (comprensivi degli oneri riflessi a carico dello Stato) per posizioni stipendiali corrispondenti a 15 anni di carriera; il costo pro-capite a carico delle finanze pubbliche è stato moltiplicato per il numero degli addetti interessati (comprensivo di una quota del personale a tempo determinato).
Il costo complessivo supera i 3 miliardi di euro.