Ettore Bassi: ‘Vorrei una scuola dove i maestri crescano insieme ai propri alunni’

Di Sara Morandi

Ettore Bassi, noto non solo per la sua carriera di attore ma anche come docente di teatro, ci regala una prospettiva inedita sull’importanza del teatro come strumento per la crescita culturale e sociale di una comunità, con un particolare focus sui giovani. In qualità di insegnante, Bassi sottolinea l’importanza di riconoscere l’unicità di ogni studente, proponendo di abbandonare l’omologazione dell’insegnamento in favore di un approccio personalizzato che promuova l’armonia e la natura individuale; abolendo il sistema di valutazione basato esclusivamente sui voti. Nella sua interpretazione di Angelo Vassallo ne “Il sindaco pescatore”, Bassi si concentra sulla semplicità e la verità della vita, offrendo uno spettacolo che ha coinvolto centinaia di giovani. Questo tributo alla forza dell’onestà e dell’amore celebra i valori che Vassallo ha difeso con tenacia. Il suo libro, “Dio, come Mi amo… Per amarti di più!”, esplora l’importanza di amare sé stessi come primo passo per amare autenticamente gli altri. L’attore pugliese intende portare questo messaggio nelle scuole, aprendo un dialogo con gli studenti sulle dinamiche delle relazioni umane. Immaginando una scuola ideale, evidenzia l’importanza di un’educazione che esalti la specificità e il potenziale di ogni individuo. La scuola dovrebbe essere un luogo di crescita personale, piuttosto che un contesto esclusivamente orientato alla competizione e ai risultati. Con questa visione, Bassi auspica una formazione che coltivi le qualità uniche di ciascun studente, promuovendo un’umanità sana e potente.

Ettore, quale importanza attribuisce al teatro come strumento di crescita culturale e sociale di una comunità, soprattutto per i giovani di oggi?
“Il teatro è un luogo fondamentale per la crescita e lo sviluppo educativo, morale e sociale di un individuo. Questo è particolarmente vero per i giovani, che si trovano ancora in una fase di formazione. Il teatro rappresenta un’esplorazione dell’immensità che siamo, aiutandoci attraverso le incursioni che ci chiede di fare nella vita. Attraverso il teatro, la vita ci viene proposta come un’opportunità da osservare attentamente, invitandoci ad esplorare i suoi meandri più nascosti e frequentati. Questo processo ci spinge a guardare con attenzione e a diventare consapevoli di noi stessi. Così facendo, veniamo guidati verso una comprensione più profonda delle nostre esperienze personali. Il teatro, attraverso la conoscenza del mondo esterno, ci spinge a scoprire chi siamo veramente. È per questo motivo che rappresenta una disciplina e un ambiente dove l’animo umano può crescere, cambiare ed evolvere. In questo spazio, si avvia un processo di trasformazione interiore che arricchisce e sviluppa le nostre capacità personali e sociali”.

Lei è uno degli attori più amati in Italia e ha interpretato un ruolo iconico come quello del professor Keating ne “L’attimo fuggente”. Ci può raccontare quali sono state le sue emozioni nel portare in scena questo personaggio così significativo? Come ha lavorato per renderlo suo, mantenendo l’essenza del film originale ma aggiungendo al contempo la sua personalità e il suo stile?
“Interpretare il professor Keating ne ‘L’attimo fuggente’ è stato uno dei momenti più apprezzati della mia carriera. Ho desiderato fortemente questo ruolo perché è nato da un’ispirazione che mi ha colto in un momento in cui avvertivo la necessità di ampliare la mia esperienza teatrale. Seguendo il percorso tracciato da “Il Sindaco Pescatore” – uno spettacolo a cui sono profondamente legato e che continuo a portare in scena – volevo esplorare un tema simile: il contatto con le anime dei giovani, l’educazione, la formazione e i valori essenziali per una vera comprensione del mondo e di sé stessi. Questa esperienza era qualcosa che desideravo intensamente e che ho vissuto, non solo come una performance, ma come un viaggio personale. Attraverso il personaggio di Keating, ho avuto l’opportunità di esplorare me stesso, di comprendere meglio, di impegnarmi e di provare il piacere di offrire ai giovani spettatori un contributo verso la scoperta della bellezza interiore. Spesso, i ragazzi faticano a riconoscere e ad esprimere questa bellezza perché viene loro nascosta o ostacolata. Il professor Keating è stato per me un simbolo e una guida in questo senso, e ho fatto del mio meglio per intraprendere questo straordinario viaggio nell’umanità. Interpretarlo mi ha permesso di trasmettere un messaggio di speranza e di incoraggiamento ai giovani, affinché possano riconoscere e valorizzare la propria bellezza interiore”.

Parliamo di scuola: se dovesse immaginarsi un docente (fra l’altro, lei è anche insegnante di recitazione), quali sarebbero i principi fondamentali che cercherebbe di trasmettere ai suoi studenti e come li aiuterebbe a superare le sfide comuni che si presentano nel cammino della vita?
“Hai detto bene: sono un docente. Anche se non insegno in una scuola tradizionale, sono un docente di teatro, più che di recitazione. Questo è il metodo che utilizzo e che utilizzerei anche se dovessi insegnare in una scuola. I principi fondamentali sono quelli di mettere ogni studente di fronte alla propria unicità, cercando di offrire loro strumenti che permettano di avvicinarsi alla propria armonia e natura nel modo più diretto ed efficace possibile. L’omologazione dell’insegnamento crea enormi difficoltà e distanze tra i ragazzi e la scuola. L’omologazione avviene perché si deve procedere per protocolli che portano ad ottenere risultati standardizzati. La scuola è diventata un’azienda e il preside, che conoscevamo, si è trasformato in un dirigente scolastico. Questo porta la scuola verso un modello simile ad una fabbrica, dove un giudizio decide chi sei e il voto diventa l’unico obiettivo. Abolirei i voti e promuoverei un percorso, un viaggio, non un voto come unico scopo. Si pensa solo a questo, svilendo e mortificando la varietà e la specificità che c’è in ognuno di noi. La scuola dovrebbe essere un percorso di crescita dove anche il maestro cresce insieme ai propri studenti”.

“Il sindaco pescatore”: doppio appuntamento il 28 e il 29 maggio al Teatro Biondo di Palermo, il 30 e il 31 maggio al Teatro Verga di Catania e il 21 Luglio a San Miniato (Pisa) in occasione della “Festa del Teatro”. Quali sono stati i principali aspetti della vita di Angelo Vassallo che l’hanno colpita e che ha cercato di portare sul palco nella sua interpretazione?
“Sono estremamente felice di portare in scena ‘Il sindaco pescatore’ che rappresenta, probabilmente, lo spettacolo più rappresentativo della mia carriera. Sono nove anni che lo rappresento e ho quasi 180 repliche all’attivo. Durante questo periodo, ho avuto la fortuna di coinvolgere più di 2000 ragazzi in questa avventura straordinaria che abbiamo ideato insieme al produttore e al regista. L’obiettivo era incontrare giovani del posto ad ogni tappa, formarli in tre ore e portarli sul palco a recitare con me. Questo progetto si è rivelato un incontro meraviglioso di gioia, teatro, esperienza, viaggio e conoscenza reciproca. Portare questa pièce teatrale a Palermo e Catania mi riempie di felicità e di orgoglio ma anche a San Miniato dove ho già partecipato l’anno scorso con un testo di Eric-Emmanuel Schmitt dal titolo: ‘CHI SEI TU? La sfida di Gerusalemme’. Non vedo l’ora di rappresentare ‘Angelo Vassallo’, un’opera in cui emerge tutta la forza semplice dell’onestà e dell’amore. Vassallo ha sempre diretto il suo impegno verso ciò che conta davvero, verso ciò che vale la pena difendere e per cui combattere: la verità, la pulizia morale ed etica, l’amore per ciò che si fa, per il luogo in cui si vive, per i propri figli, vicini, fratelli, concittadini e per tutte le persone che, conosciute o no, condividono lo stesso ambiente, come il mare. La forza della semplicità e della verità, che è caratteristica del saggio, è un tema centrale nel nostro spettacolo. La verità arriva cruda e diretta, senza orpelli o troppe spiegazioni, e non è né buona né cattiva: è semplicemente verità. Ho cercato di portare questo valore sul palco nel raccontare la storia di Angelo Vassallo.

Parliamo anche del suo libro dal titolo: “Dio, come Mi amo… Per amarti di più!” scritto insieme a Debora Iannotta e con la prefazione di Roberto Vecchioni. Un’esortazione ad amare sé stessi come primo passo per amare autenticamente gli altri. Un viaggio poetico e audace che esplora gli ultimi ottant’anni di trasformazioni sociali e culturali, focalizzandosi sulla donna, sulla coppia, e sul legame indissolubile tra identità e relazione.
“Sono entusiasta di condividere con voi il mio nuovo progetto: la pubblicazione di un libro che rappresenta una profonda riflessione sulla relazione umana. Questo lavoro esplora il punto in cui ci troviamo oggi nel vivere le dinamiche dell’uomo all’interno del contesto relazionale, in particolare nella coppia, e si concentra sull’amore e sui sentimenti che ne derivano. In collaborazione con la casa editrice, la stessa che ha pubblicato ‘Il ragazzo dai pantaloni rosa’, abbiamo in programma di portare questo libro nelle scuole a partire da settembre-ottobre. L’obiettivo è incontrare le scolaresche e avviare un dialogo che si inserisce perfettamente nel programma ministeriale di Educazione Sentimentale. Crediamo che questo possa offrire un’opportunità unica agli studenti di esplorare e comprendere meglio le dinamiche delle relazioni umane”.

Grazie Ettore per questa bella intervista. Ultimissima domanda: immagini una scuola ideale. Quali caratteristiche dovrebbe avere per rispondere meglio alle esigenze degli studenti e prepararli al mondo contemporaneo?
“Credo che la scuola dovrebbe essere un luogo che esalta e potenzia la peculiarità, la specificità, l’unicità e la potenzialità di ciascun individuo. I ragazzi, a quell’età, sono fonti inesauribili di energia, vitalità, bellezza e forza. La scuola, come i precettori dell’antica Grecia, dovrebbe coltivare queste qualità, nutrendole e portandole alla loro massima espressione attraverso la conoscenza, lo studio dei classici e l’esplorazione dei valori che hanno costituito le società antiche, contribuendo così alla costruzione di un’umanità sana e potente. Una scuola ideale dovrebbe concentrarsi sulla formazione completa dell’individuo, piuttosto che sul semplice conseguimento di risultati. Il sistema educativo non dovrebbe essere orientato esclusivamente verso la competizione e l’ottenimento di voti come unico obiettivo. Un punteggio, da solo, non può definire né l’eccellenza né la mediocrità di una persona. Solo un percorso può aiutarmi a capire chi sono o cosa rappresento. La scuola dovrebbe, invece, aiutare a formare e nutrire il cammino personale di ciascuno, valorizzando la crescita individuale e il potenziale unico di ogni studente”.

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