Verso le elezioni: silenzio assordante sulla scuola

Le elezioni sono fissate: il prossimo 25 settembre saremo chiamati alle urne. Sembra ormai abbastanza chiaro che il quadro politico italiano vada verso un nuovo assetto tripolare: il centrodestra che con il ridimensionamento dell’ala liberale di Forza Italia si va riconfigurando come Destra, il Movimento 5 Stelle rilanciato da Beppe Grillo su basi neo populiste con venature di egualitarismo retorico, e un’area di sinistra-centro in cerca di identità o almeno di una piattaforma programmatica condivisa, che potrebbe essere quella delineata da Mario Draghi negli interventi pronunciati in Parlamento in occasione della recente crisi di governo.

Per essere minimamente competitiva con la destra in vista delle elezioni del prossimo 25 settembre, l’area di sinistra-centro deve aggregarsi e presentare candidati unitari che si impegnino a tener fede alla citata piattaforma programmatica Draghi. Spetterà soprattutto al Partito Democratico promuovere questa aggregazione venendo incontro alle esigenze di rappresentanza dei partiti di centro, compresa Azione di Carlo Calenda, Italia Viva di Matteo Renzi e in una certa misura, soprattutto nel Sud, Insieme per il Futuro di Luigi di Maio. Enrico Letta, che non è uscito bene dal fallimento del “campo largo” esteso ai 5 Stelle contiani, ha l’occasione per rifarsi ridisegnando il perimetro di tale campo verso il centro, ma dovrà dare prova di generosità e di lungimiranza, oltre che di rigorosa fedeltà, insieme agli alleati, ai punti più anticorporativi del programma Draghi, quelli ricordati dal presidente dimissionario in Parlamento: licenze dei taxi, concessioni balneari, rigassificatore a Piombino e altre misure che scontenteranno qualche categoria ma corrispondono chiaramente a un interesse nazionale di medio-lungo periodo.

Se questa operazione di aggregazione dell’area Sinistra-Centro non riuscirà, la Destra vincerà le elezioni con largo vantaggio, e si ridurrà molto per l’opposizione la stessa possibilità di esercitare un ruolo incisivo nella dialettica parlamentare. Uno schieramento repubblicano solidalmente ancorato al programma Draghi, anche se non dovesse prevalere alle elezioni del 25 settembre, avrebbe invece molte carte da giocare nel futuro Parlamento, visto che la Destra marcia unita solo per convenienza elettorale ma si dividerà certamente sul programma di governo. È essenziale però che lo schieramento repubblicano, o come lo si vorrà chiamare, sia compatto e abbia una bussola programmatica condivisa, atlantista ed europeista in politica estera e liberal-socialista in politica interna.

In questo esordio di campagna elettorale colpisce il fatto che di scuola non parla nessuno degli attori politici in campo. In passato non fu così. L’Ulivo nel 1996 e Forza Italia nel 2001 misero la scuola al centro della loro propaganda, il primo con il ‘Patto per il lavoro’, che riservava grande spazio alle politiche formative, la seconda con lo slogan (rimasto peraltro tale) delle ‘Tre i’ (internet, inglese, impresa). Uno spazio sempre decrescente ebbe la politica scolastica nelle elezioni successive: nel 2006 si contrapposero fautori e detrattori della riforma Moratti, nel 2008 e nel 2013 la grande crisi economica internazionale comportò una restrizione delle politiche pubbliche, che in Italia colpì soprattutto la scuola, nel 2018 si parlò di scuola, da parte dei partiti usciti poi vincitori dalle elezioni, solo per sparare a zero sulla “Buona Scuola” renziana (salvo poi di fatto gestirla, in mancanza di un progetto alternativo condiviso dai governi alternatisi alla guida del Paese e del Ministero dell’Istruzione).

Per ora il silenzio sulla scuola è assordante. È probabile che nei prossimi giorni, quando saranno meglio definite le piattaforme elettorali, si torni a parlarne. Ma non vorremmo che lo si facesse con la superficialità e i toni melodrammatici con i quali sono stati commentati nelle scorse settimane i risultati delle prove Invalsi.

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