Educazione sesso-affettiva, Valditara: ‘Nessun divieto a scuola, ma serve consenso dei genitori’. Cosa prevede davvero il Ddl sul consenso informato

Il dibattito sull’educazione sesso-affettiva torna al centro della scena politica e scolastica. Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, è intervenuto con un articolo su La Stampa per chiarire – ancora una volta – il contenuto del disegno di legge sul consenso informato, attualmente in discussione alla Camera. Un testo che, da settimane, accende scontri politici e suscita interrogativi tra dirigenti, docenti e famiglie.

Valditara: “No a letture distorte, il Ddl non vieta l’educazione sessuale”

Nel suo intervento, il ministro critica apertamente le interpretazioni dell’opposizione, accusata di usare il tema come “strumento di propaganda”. Valditara richiama il testo del disegno di legge, in particolare l’articolo 1, comma 5, che ribadisce la piena validità delle Indicazioni Nazionali e delle nuove Linee guida di Educazione Civica.

“È dunque errato affermare – scrive – che le ‘pulsioni fisiche’ dei ragazzi non verranno spiegate nelle nostre scuole”. Anzi, per la prima volta si prevede un riferimento esplicito anche ai rischi legati alle malattie sessualmente trasmissibili, un elemento destinato a rafforzare la dimensione di prevenzione.

Il nodo delle teorie di genere e il ruolo delle famiglie

L’ambito escluso dal Ddl riguarda le cosiddette teorie di genere plurimo, che non si limitano al binarismo maschile/femminile. Il ministro le ritiene “tematiche troppo complesse” per i più piccoli e, soprattutto, “eticamente sensibili”.

Per questo – sostiene – è necessario che, a partire dalla scuola media, ogni proposta che tocchi tali argomenti sia subordinata al consenso informato dei genitori, in applicazione dell’articolo 30 della Costituzione che attribuisce alla famiglia il compito primario nell’educazione dei figli.

Un altro principio ribadito è la necessità che tali attività, quando previste, siano condotte da professionisti qualificati, garantiti dalla scuola, per evitare “qualsiasi forma di indottrinamento”.

Dalla Camera agli emendamenti: come cambia davvero il quadro

Il confronto pubblico si è acceso il 15 ottobre, quando un emendamento approvato alla Camera aveva ampliato il divieto per figure esterne di trattare contenuti sulla sessualità anche nella scuola secondaria di primo grado, oltre che in infanzia e primaria.

Una scelta letta come una limitazione dell’educazione sessuale fino alle medie.

Valditara aveva però precisato che l’educazione alla sessualità non era affatto vietata nei programmi, in quanto già prevista:

– nelle Indicazioni Nazionali per il Primo Ciclo,
– nelle nuove Linee guida di Educazione Civica.

La svolta è arrivata il 10 novembre, quando un emendamento della Lega ha eliminato il divieto totale per le medie, equiparandole alle scuole superiori: è possibile svolgere attività con esperti esterni, ma solo con consenso informato delle famiglie, che dovranno essere rese edotte di temi e materiali utilizzati.

Un equilibrio ancora da costruire: tra tutela educativa, esigenze formative e sensibilità familiari

Il confronto resta aperto. Da un lato, docenti e dirigenti reclamano strumenti e cornici normative chiare per affrontare temi che gli studenti vivono già – spesso senza filtri – attraverso social e media digitali. Dall’altro, il mondo politico si confronta su come bilanciare:

– il diritto all’informazione e alla prevenzione,
– il ruolo primario delle famiglie nell’educazione ai temi sensibili,
– la necessità di evitare polarizzazioni e letture ideologiche.

Il dibattito non si esaurirà con l’iter del Ddl. Ma una cosa appare chiara: nelle scuole, il bisogno di un’educazione affettiva e relazionale solida, scientificamente fondata e rispettosa delle diverse sensibilità, resta oggi più urgente che mai. Tuttoscuola continuerà a seguire l’evoluzione normativa e i riflessi concreti sulle pratiche educative delle scuole italiane.

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