Educazione comparata/3. Il cosmopolitismo cè, ma è plurale
La ricerca in Educazione comparata, in un mondo che si va globalizzando, deve comunque esaminare con grande cura, accanto ai processi di uni-formazione e omologazione a livello planetario, anche le dinamiche storico-culturali che caratterizzano e differenziano tuttora i modelli educativi adottati nelle diverse realtà nazionali.
Dietro questi modelli stanno filosofie e concezioni dell’educazione che si possono comprendere compiutamente solo avendo presente il contesto culturale in cui si collocano: quello della polis nella Grecia di Pericle, per fare un esempio, ben diverso da quello dell’Italia dei Comuni in epoca umanistica e rinascimentale o da quello degli Stati nazionali nella loro evoluzione: basti pensare alla storia del Novecento e all’avvento della scuola di massa. La stessa cosa si può dire, al di fuori dell’Europa e del Nord America, per altre grandi aree del mondo come l’Est asiatico e per Paesi con una storia millenaria come la Cina, l’India o il Giappone.
Così, se è vero che si può parlare di un processo di globalizzazione in atto non solo in campo economico-finanziario ma anche comunicazionale (internet) o musicale, non altrettanto lineare si presenta il fenomeno nel settore educativo. Certo, la scuola dura quasi dappertutto 12 anni (in Italia 13), e anche l’istruzione superiore presenta analogie e convergenze, ed è anche vero che programmi come il PISA spingono verso una maggiore omogeneità planetaria dei curricula per quanto riguarda le competenze di base di tipo linguistico, matematico e scientifico. Ma restano profonde differenze, che vanno studiate con l’ausilio della ricerca di tipo storico, antropologico, etnografico.
Altrimenti la comparazione resta alla superficie, e può essere ingannevole. Lo studente di oggi ha caratteristiche che lo rendono cosmopolita, ma il suo cosmopolitismo si tinge con i colori del contesto storico-culturale in cui è inserito, e che va conosciuto a fondo. Come si spiega, per fare un esempio concreto, che gli studenti coreani di scuola secondaria accettino in massa di studiare e seguire corsi supplementari (non obbligatori) anche fino a 60-70 ore alla settimana, che la scuola coreana sia allo stesso tempo la migliore nelle classifiche PISA e la meno selettiva (nessuno viene bocciato fino a 18 anni) e che in quella scuola non esista personale ausiliario perché le aule e gli altri spazi vengono mantenuti perfettamente puliti dagli studenti e dai loro insegnanti?
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