E’ necessario porre un tetto alle insufficienze tollerabili

Sul tema della sovranità del collegio docenti, in relazione alla necessità di avere il sei in tutte le materie per accedere all’esame di Stato, dopo l’intervento del dirigente scolastico Salvatore Provenzani e del consigliere del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Max Bruschi, ci ha scritto la nostra lettrice Benedetta Someschini.

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Ferma restando la sovranità del collegio docenti, sarebbe opportuno che venisse messo un tetto alle insufficienze tollerate che devono essere portate a sei. O ci si ritroverà a discutere se ammettere o meno agli esami di stato, tanto del I Ciclo quanto del II Ciclo, alunni che hanno anche 8 o 9 insufficienze su 10 materie.

Avere, a questo proposito, una normativa rigorosa e chiara, non lasciata all’autonomia delle singole scuole, si dimostra sempre più urgente nella scuola dell’obbligo.

E per due motivi: anzitutto perché sarebbe rispettoso dei ragazzi essere valutati secondo criteri uguali da Torino a Palermo e in secondo luogo perché la parola “obbligo” viene tradotta, sovente, con obbligo di passare tutti: troppo spesso vengono mandati avanti anche coloro che, pur già ripetenti, hanno “temporeggiato” per un anno, senza dare il benché minimo segno di impegno (neppure quello parziale in classe) in tutte le materie (e non solo in quelle cosiddette “più congeniali” per usare una fraseologia tipica dei consigli di classe), e ciò in virtù del fatto che ha già ripetuto un anno; allo stesso modo sarebbe opportuno non farsi eccessivi scrupoli sull’applicazione del 5 in condotta, perché se anche un alunno non arreca danno a strutture o persone, limitandosi a perseverare imperterrito nell’azione di disturbo dell’attività didattica di una o più discipline (evidentemente poco congeniali…), può compromettere il diritto all’apprendimento di tutti i compagni.

Il messaggio che passa a tutti gli altri , poi, è che la giustizia a scuola è un’utopia e tanto vale non affaticarsi e diradare il proprio impegno, dal momento che poi “passano tutti”. I ragazzi ne sono perfettamente consapevoli, solo che parlarne fa male perché si temono le proteste delle famiglie, le prime, quando ci sono, che ai ragazzi permettono di tutto, e che non vogliono grane, solo il sei .Che poi questo “sei” sia il frutto di un reale impegno e di obiettivi effettivamente raggiunti o meno importa veramente poco. Tante altre – quelle che effettivamente si spendono nell’educazione dei propri figli, quelle che frequentano i colloqui con i professori, per esempio – purtroppo subiscono in silenzio, e pur condividendo i loro appelli, gli insegnanti sono spesso impotenti nel gestire certe situazioni.

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