Due sinistre a confronto su lavoro e scuola

Ancora una volta la politica scolastica, questa volta insieme a quella del lavoro, fa da cartina al tornasole delle divisioni che attraversano gli schieramenti politici, soprattutto quello che è attualmente al governo del Paese, in buona misura erede di quella che è stata in Italia la sinistra “di lotta e di governo”, come la definì Enrico Berlinguer in tempi ormai lontani (1976).

Il fatto è che alla prova del governo la sinistra mostra (non è la prima volta, ma ora lo si vede meglio che in altre occasioni) di non riuscire a tenere uniti i due elementi del binomio: la sinistra ‘di governo’, che oggi si identifica nella duplice funzione di Matteo Renzi come presidente del Consiglio e nello stesso tempo segretario del Pd, agisce sul terreno del cambiamento possibile, ponendosi dunque nell’ottica riformista della fattibilità, della mediazione. La sinistra ‘di lotta’ fa fatica ad accettare questa logica, anzi la rifiuta in nome di principi non mediabili o negoziabili, come la difesa dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori o l’interpretazione panstatalista dell’art. 33 della Costituzione.

La sinistra di lotta trova in questa fase un alleato naturale nel sindacato da sempre più vicino alla sinistra politica, la Cgil, messa alle strette dall’attivismo riformatore di Renzi, che non può non toccare alcuni interessi protetti dal sindacato, come quelli dei lavoratori occupati versus quelli dei giovani in cerca di prima occupazione.

In questo contesto la sinistra italiana appare incamminata sul terreno di quella tedesca, inglese e francese, dove i leader delle rispettive sinistre di governo (Schroeder, Blair, Mitterrand, ora Hollande) hanno scelto di far prevalere le esigenze della governabilità e del cambiamento su quelle della mediazione con i sindacati e con le sinistre di lotta, spesso alleate nella difesa dell’esistente.