Dispersione scolastica: chi era costei…?
L’accezione del termine “dispersione” non è univoca se applicata alla scuola: la parola può essere impiegata in senso restrittivo oppure in senso estensivo, e nel primo caso il numero degli alunni “dispersi” risulterà assai inferiore. è esattamente ciò che accade con le cifre rilevate dal SISTAN, il servizio di statistica del Ministero dell’Istruzione, che ha diffuso in questi giorni i risultati di un’indagine campionaria realizzata nell’anno scolastico 2000-2001 (www.istruzione.it). Il SISTAN ha considerato dispersi soltanto gli allievi che non hanno mai frequentato la scuola o che hanno smesso di frequentarla in corso d’anno (in pratica si tratta degli “abbandoni”).
In tal modo risulta che nell’anno considerato il tasso di dispersione, così intesa, è stato nelle scuole elementari dello 0.07 per cento, nelle scuole medie dello 0.31 per cento e nelle superiori del 2.8 per cento (più l’1.8 per cento di studenti non valutati per altri motivi (salute, assenze ecc.). Stando a queste cifre, insomma, il problema della dispersione sembrerebbe quasi irrilevante per la scuola italiana. In realtà, come mostrano altri indicatori (irregolarità di frequenza, ripetenze), il problema è assai più complesso, e riguarda un numero di allievi assai maggiore.
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