Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Disgrafia, disortografia, dislessia, discalculia: quanti nomi per definire cosa?

Tante classificazioni in abuso

DIS…piacere mi chiamo… Giovanni! DIS è un prefisso che ha significato peggiorativo e conferisce, alla parola a cui si unisce, uno opposto con valenza negativa o contraria, si trova soprattutto nel linguaggio sanitario per indicare alterazione, patologia o disturbo di una funzione come accade nei casi di disgrafia, disortografia, dislessia, discalculia, ed altro.

Con tali classificazioni esclusive dell’ambito sanitario è stato tolto alla scuola, il compito di aiutare gli allievi e contribuire alla crescita e allo sviluppo delle loro potenzialità specie per chi in difficoltà. Oggi se abbiamo qualcuno che non riesce bene viene immediatamente depistato verso la classificazione: “Sarà DISlessico?, forse DISgrafico chissà se sarà DISortografico, DIScalculico?! Mandiamolo a fare gli approfondimenti!” Qualche DIS gli si cuce addosso e inizia la tormentata odissea verso la certificazione. Un allievo non è un DISgrafico, DISortografico, DISlessico o DIScalcuclico, egli ha un nome proprio, è una persona cha ha una sua storia, una propria evoluzione e proprie criticità, ma anche tante potenzialità che devono essere conosciute e considerate preziose risorse a cui appellarsi per poter promuovere il processo evolutivo presente in ciascuno.

L’obbligo educativo della scuola

L’obbligo educativo della scuola, diviene l’individuazione oltre che dei segnali d’allarme e di ciò che viene considerata insufficienza, anche di tutti gli aspetti che determinano il bagaglio dell’allievo, lo stile di conoscenza, la volontà e l’intenzionalità, il piacere e la curiosità, il coraggio e la spinta motivazionale.

Certo, è indispensabile sapere cosa si può e cosa si deve fare con questi alunni che si trovano in una condizione di freno rispetto agli altri; ma anziché definirli,  incasellarli e dargli gli strumenti dispensativi e compensativi, che altro non sono che delle strategie per mantenerli nel loro reale problema rafforzando il senso di diversità e insuccesso, è bene porsi domande pertinenti per comprendere ogni momento della vita condotta dall’allievo, ogni disarmonia di sviluppo, ogni sua esigenza di essere sociale, ogni sua reale potenzialità.

Cosa possiamo fare?

Contrari ad ogni rischio di meccanizzazione, di addestramento e conseguente alienazione della persona, la Pedagogia Clinica, affidandosi alla globalità, non vuole fermarsi davanti al problema e va oltre, si rivolge alle Potenzialità, Abilità e Disponibilità (PAD) di un soggetto e mette in atto un ventaglio assai ricco di opportunità. La nostra ricerca in teoria, prassi e metodi esclusivi, avvalora contributi operativi alla formazione di un insegnante che vuole prepararsi nel dare risposte adeguate a queste esigenze. Per aiutare l’allievo occorre contribuire infatti al risveglio di ogni mezzo espressivo e comunicazionale, attivare tutti i canali e i processi informatori, favorire esperienze di discriminazione sensoriale-percettiva, premessa per la definizione di ritmi, melodie, distanze, direzioni, orientamenti…, offrire stimoli per la definizione del tempo, dello spazio, durata, proporzione, attenzione, memorizzazione, discriminazione.

Così orientato l’insegnante formato deve analizzare ogni sfaccettatura delle abilità e potenzialità, ed approfondire lo studio della personalità del soggetto nel suo dinamismo attuale e procedere in un reale e concreto aiuto alla crescita.

Prof.ssa Marta Mani
Pedagogista Clinico

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