Dirigenza scolastica: è mancata una politica del merito

Il mondo della scuola, purtroppo, è uno dei settori in cui sono diffusi il clientelismo e il “padrinaggio”. I ripetuti interventi del Parlamento nel corso delle due ultime legislature, con l’assenso dei vari Governi, in materia di reclutamento ope legis, sono lo specchio di tutto ciò con riferimento, in particolare (ma non solo), ai concorsi per l’accesso alla carriera dirigenziale.

L’ultimo decennio registra una pluralità di sanatorie che hanno investito tutti i concorsi a dirigenti scolastici. Il Parlamento ed il Governo hanno soggiaciuto alle pressioni di parte consentendo con interventi legislativi a sanatoria la nomina anche di personale che non era in possesso dei requisiti di partecipazione al momento della scadenza del termine di presentazione della domanda, ma anche di usufruire della riserva del posto che è riconosciuta alle categorie protette (invalido, orfano, figlio di caduto per il lavoro, etc) all’atto del conseguimento di uno status di ruolo.

La patologia concorsuale (che non è certamente esclusiva del mondo della scuola) deriva poi dal fatto che candidati esclusi legittimamente per evidente mancanza di requisiti, dopo la legittima  esclusione dal concorso, ottengono dal giudice amministrativo l’ammissione con riserva, perché il fumus della fondatezza dell’impugnativa ormai non lo si nega più a nessuno, sapendo già fin dall’inizio come andranno a finire le cose.

Nell’ultimo decennio del resto non sono state realizzate politiche del personale di valorizzazione del merito e di sostegno allo sviluppo professionale, eppure i fatti dimostrano che la cultura del rigore e del merito sono pratiche fortemente richieste e perciò non impopolari.