Di qualità, moderna e… In pantofole: ‘Vi racconto la scuola in Germania’. Intervista a Daniela Dominici

Di Annamaria De Luca

Daniela Dominici è una docente di scuola primaria che ha deciso di mettersi in aspettativa per andare all’estero. Dal comprensivo Fermi di San Giuliano Milanese è quindi approdata in Germania. Ci ha incuriosito la sua pagina Facebook, @docenteinaspettativa dove racconta il punto di vista di una maestra italiana in visita in una scuola in Germania, le sue piccole esperienze, gli approcci, gli ambienti, l’organizzazione. Tuttoscuola ha cosi pensato di intervistarla.   

Nella sua pagina Facebook “Una scuola in Germania” racconta l’esperienza che sta vivendo e quanto sia diversa dalle esperienze precedentemente vissute in Italia. Perché ha scelto di andare in Germania?

“Siamo arrivati in Germania con mia figlia a gennaio dello scorso anno. Mio marito aveva avuto una proposta di lavoro interessante e non volevamo perdere questa occasione. Abitiamo vicino Stoccarda, nel Land del Baden-Württemberg, regione situata nella parte sud-occidentale della Germania, cuore dell’industria tedesca; una regione all’avanguardia e ben funzionante, ricca di parchi e servizi per i bambini”.

Come ha conciliato il suo lavoro di insegnante con un trasferimento all’estero?

“Purtroppo come dipendente del Ministero dell’Istruzione l’unica strada percorribile è stata la richiesta di aspettativa. Esistono vari tipi di aspettativa, retribuita e non, da richiedere per studio, lavoro all’estero del marito, attività sindacali o cariche pubbliche. Ho studiato all’Università di Messina, per sette anni ho lavorato come supplente in diverse scuole di Milano e, finalmente, sono entrata in ruolo nel 2017, dopo aver superato due concorsi, uno per la scuola primaria, l’altro per la scuola dell’infanzia. Mi sarebbe piaciuto continuare a svolgere il mio lavoro, magari da remoto come succede adesso a molti professionisti che lavorano per aziende private, ma credo che, al momento, la scuola non sia pronta a tutto questo. Eppure ci sono lezioni on line da progettare, attività di formazione e informazione interna ed esterna, PON da scrivere, pratiche di segreteria. Purtroppo non è stato possibile. Come molti insegnanti, ho dovuto mettere da parte il mio lavoro e reinventarmi in un nuovo Paese. Ho creato una pagina Facebook dove racconto la mia esperienza www.facebook.com/docenteinaspettativa, studio il tedesco, seguo corsi di aggiornamento, esploro il territorio circostante”.

Vista dalla Germania, come le appare oggi la scuola italiana?

“Credo che la scuola italiana sia aperta al cambiamento e all’innovazione; ben recepisce le direttive europee,  sperimenta, si mette in gioco. L’Italia è il secondo Paese per numero di insegnanti registrati su eTwinning, la più grande community europea di insegnanti attivi in progetti collaborativi tra scuole. Inoltre dagli anni ’70 ha scelto di essere un sistema educativo inclusivo, cosa per niente scontata se pensiamo che nella quasi totalità dei Paesi Europei è presente, con modalità e percentuali molto diverse, il modello multidirezionale, ovvero la possibilità di scegliere tra l’inclusione nelle classi comuni e le scuole speciali”.

Quali sono i punti di forza che ha scoperto e che vorrebbe portare in Italia?

“Ho visitato una scuola primaria comunitaria del territorio grazie all’ospitalità e alla collaborazione di insegnanti conosciute proprio su eTwinning. Ho avuto con loro un colloquio on line e ho conosciuto il preside. La scuola che ho visitato è una scuola di qualità, moderna e accogliente, con spazi luminosi che permettono setting diversificati e funzionali ad attività differenziate, aree verdi, cortili per il gioco, microambienti didattici e laboratoriali, dotata di strumentazione all’avanguardia per docenti e alunni. Ho percepito una grande autonomia di istituto, un ambiente confortevole e professionale per i docenti ai quali non mancano aule dedicate, per il relax e la progettazione delle attività formative. Un altro punto di forza credo sia l’autonomia riconosciuta ai bambini. Sin dall’età di 6 anni, se c’è accordo tra genitori e personale scolastico, raggiungono la scuola in autonomia, magari guidando una bicicletta  o un monopattino. Cosa impensabile in molte città italiane”.

Lei posta spesso foto di attività all’aperto… Sono molto frequenti?

“Assolutamente si. Nella scuola che ho visitato sono previste due pause al mattino di venti minuti. Gli studenti prendono la loro merenda e si recano in giardino con qualsiasi situazione meteorologica. Vale il diritto dei bambini di vivere ogni stagione. Qui i bambini si muovono in libertà tra le aree gioco, i portici e i cortili dove usano anche giochi per l’esterno in dotazione ad ogni classe”.

Ci ha molto incuriosito la foto delle pantofole…

“Le pantafole? Ebbene si…anch’io non capivo bene. Ingenuamente pensavo, che trattandosi di un nuovo edificio inaugurato a settembre 2022, volessero mantenere gli ambienti interni puliti e in ordine. I cortili hanno aree verdi accessibili a tutti gli studenti che in inverno spesso si trasformano in zone fangose. In realtà non si tratta di igiene ma soprattutto del CONCEPT della scuola. Una scuola in pantofole o calzini è una scuola che non vuole rinunciare alla comodità, una scuola confortevole, accogliente, una scuola-casa potremmo dire, dove studi e impari seduto al banco, magari con un cuscino e una copertina ma anche su un tappeto, a terra, su un pouf a sacco o una poltrona morbida”.

Pensa di rientrare in Italia?

“Assolutamente si. Amo il mio Paese e la mia città. Mi manca la mia scuola e le mie colleghe. L’Italia è il paese in cui vive la mia famiglia e molti miei amici, dove ho studiato e dove soprattutto ho un lavoro ad attendermi che è soprattutto una passione. Un lavoro spesso poco riconosciuto e considerato ma coinvolgente e stimolante”.

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