Ddl università, Gelmini: Non solo risorse

Università e riforme. Ne ha parlato a lungo nel corso di una intervista telefonica con Belpietro per Mattino5 il ministro Gelmini, cercando forse di rintuzzare anche le nuove critiche alla linea del governo che l’opposizione ha ravvivato sull’onda degli echi al discorso del presidente Napolitano.

“Quanto al tema delle risorse – ha detto – va posto nella giusta ottica. Noi abbiamo iniziato con un piano di razionalizzazione indispensabile, contro gli sprechi, per evitare le spese inutili, per legare l’autonomia alla responsabilità. Oggi è il tempo di approvare una riforma in linea con UE e con altri provvedimenti che altri Stati, come ad esempio, la Francia stanno portando avanti”.

“È compito del Governo trovare le riforme per il corretto funzionamento dell’università – ha aggiunto Gelmini – ma io mi fido di Tremonti che ha assicurato che i fondi saranno reperiti nel Milleproroghe”.

Con esplicito riferimento alle contestazioni e alle manifestazioni di protesta di questi giorni, il ministro ha dichiarato che c’è chi da sempre dentro l’università protesta ma avendo gli occhi rivolti al passato. L’università, secondo la Gelmini, ha bisogno di un profondo cambiamento, di una impostazione nuova, non legata alla quantità ma alla qualità dell’insegnamento e dei corsi, alla preoccupazione di una ricaduta occupazionale per gli studenti.

“Nelle prime 100 università a livello internazionale sono pochissime le università italiane – ha ricordato il ministro Gelmini intervistata telefonicamente da Maurizio Belpietro per Mattino5 – ma sbaglia chi pensa – ha affermato – che questo sia solo un problema di risorse: é in primo luogo un problema di regole”.

“La verità – ha proseguito la Gelmini – è che l’impostazione falsamente egualitaria del ’68 ha portato le nostre università agli ultimi posti nelle classifiche internazionali. Per questo è tempo di cambiare, magari anche chiudendo o accorpando atenei in deficit”.

Il ministro ha affermato che non bisogna puntare ad avere tante università o l’università sotto casa, ma ad avere centri di eccellenza, collegati con il mercato del lavoro, con le imprese, con i centri di ricerca. L’Università autoreferenziale non serve ai giovani e non serve al Paese.