Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Dalla mamma (orgogliosa) di un figlio dislessico

Ci scrive, qualificandosi come “mamma orgogliosa di avere un figlio dislessico”, una nostra lettrice, che tratta il tema del recente riconoscimento legislativo della dislessia. Ne pubblichiamo volentieri la lettera.

Invitiamo tutti gli altri lettori a partecipare a discutere la testimonianza proposta, e a proporne di nuove, scrivendoci come di consueto all’indirizzo dedicato la_tribuna@tuttoscuola.com.

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Gentile Direttore,

sono mamma di un bambino dislessico e mi trovo nuovamente di fronte ad insegnanti che intervengono non solo nelle scuole ma anche nei media ad inveire furiosamente contro il riconoscimento della dislessia e degli altri disturbi specifici di apprendimento (disgrafia, disortografia e discalculia) in nome di un egualitarismo tanto massificante quanto anacronistico.

Ma a cosa serve tutta la loro decantata esperienza di insegnamento se non hanno ancora capito che è la scuola che deve riconoscere le specificità individuali, che è la scuola che deve adattarsi ai bisogni formativi degli allievi (e non viceversa), che è la scuola che deve dare gli strumenti di apprendimento di cui ciascun bambino ha bisogno? Equità non significa dare a tutti la stessa cosa ma a ciascuno ciò di cui ha bisogno.

Personalmente non ho alcun problema a dire che mio figlio è dislessico e non lo reputo né diverso, né malato, né tanto meno disabile. Piuttosto un po’ speciale: è un bambino intelligente ed arguto che può seguire il percorso scolastico ed apprendere come, ed in alcuni casi anche meglio, dei suoi compagni, come sta peraltro dimostrando con ottime pagelle. Ma lo può fare attraverso modalità diverse perché i processi che consentono di fare della lettura e della scrittura e del calcolo degli atti automatici (come quando dopo un po’ di pratica si guida senza pensare alle procedure che si mettono in atto) non sono per lui possibili. Leggere e scrivere risultano attività molto faticose che assorbono tutte le sue energie senza lasciare alcuno spazio alla comprensione e all’apprendimento. Per poter apprendere deve quindi utilizzare, quando necessario, degli strumenti, come il computer o la calcolatrice, che gli consentono di bypassare i suoi problemi “strumentali” lasciandogli sufficienti energie per concentrarsi sui contenuti. A qualcuno verrebbe mai in mente di togliere gli occhiali ad un miope per farlo leggere alla lavagna “come tutti gli altri” e di dirgli che non ci riesce perché non si impegna?

Mi risulta che obiettivo della scuola sia l’apprendimento e non il mero esercizio strumentale e, più in generale, che sia il fine a giustificare i mezzi. E’ tanto difficile da capire per queste insegnanti di così “grande esperienza”?

L’utilizzo del computer, a scuola e a casa, lo ha reso autonomo, gli ha consentito di sentirsi alla pari con i suoi compagni e gli ha ridato l’autostima e la fiducia in se stesso. Non gli è servito un insegnante di sostegno ma solo un team scolastico con un minimo di sensibilità e rispetto per la sua individualità e con la capacità di applicare una didattica flessibile alle sue particolari esigenze di apprendimento. E, certo, una famiglia che con grande determinazione lo ha aiutato e sostenuto.

Ci ha messo 4 lunghi anni (quasi metà della sua vita) ad uscire dal trauma della sua disastrosa prima elementare, annientato dalla rigidità di insegnanti come quelli che esprimono la loro tracotanza sulle pagine dei giornali. Sarebbe certamente nel baratro della depressione, a contare le ore per poter abbandonare la scuola, come purtroppo succede molto spesso a questi ragazzi, se incompresi e non supportati adeguatamente dalla scuola e dalla famiglia. Per ogni ragazzo dislessico che viene “salvato” che ne sono tanti, tantissimi che invece soccombono, non dimentichiamolo.

Ha trovato invece persone di ben altro spessore che hanno via via compreso le sue difficoltà, hanno apprezzato le sue risorse, gli hanno dato fiducia, hanno rispettato le sue particolarità e non gli hanno imposto un rigido e standardizzato metodo didattico. Se un bambino non riesce ad esprimersi con la penna ma scrive bene con il computer, se riesce a leggere solo distruggendosi dalla fatica ed utilizza la sintesi vocale per farlo più agevolmente, se scrive in stampato perché in corsivo non riuscirebbe neanche a capire se stesso, se ha bisogno della fotocopia ingrandita per poter completare un test e se con tutto ciò comprende, apprende, ha un buon rendimento e riesce a seguire il normale percorso scolastico allora dov’è il problema?

Nella grettezza di chi non sa considerare la diversità una risorsa, nei pregiudizi di chi è chiuso nel proprio limitato orizzonte.

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I lettori di tuttoscuola.com che vogliono dire la loro su questi argomenti, possono farlo, scrivendo a la_tribuna@tuttoscuola.com. La redazione pubblicherà gli interventi più significativi. Analogamente, coloro che vogliono presentare contributi originali su cui discutere, possono scriverci usando il medesimo indirizzo la_tribuna@tuttoscuola.com.

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