DAD. Confronto aperto tra apocalittici e integrati

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Il Coronavirus ha chiuso le scuole in tutto il mondo e ha costretto le autorità di governo dei diversi Paesi a mettere in campo inedite strategie finalizzate a mantenere in vita quella speciale relazione tra docenti e alunni che è a fondamento dei sistemi educativi. L’Italia, colpita per prima in Europa dal virus, ha pagato un prezzo particolarmente alto, ed è forse anche per questo che ha preso misure più drastiche, rinunciando in pratica – a differenza di quanto hanno deciso altri Paesi europei – a riaprire le scuole per sei-sette mesi, fino all’inizio del nuovo anno scolastico.

Così la didattica a distanza (DaD) è diventata un’alternativa globale e prolungata alla didattica in presenza (DiP), l’unica che gli insegnanti italiani avevano fino a tre mesi fa conosciuto e praticato. La risposta positiva, per molti aspetti sorprendente, data dalla maggior parte delle scuole e degli insegnanti alla sfida di una didattica nuova e diversa, sostenuta in modo determinante dalle nuove tecnologie (TIC), ha dato luogo a un vasto dibattito, al quale stanno partecipando non solo i ‘soliti’ addetti ai lavori (sindacalisti, politici, pedagogisti) ma anche noti intellettuali, come Tuttoscuola ha riferito la scorsa settimana.

Sulla DaD (ma sullo sfondo sulle TIC, che fanno da cartina al tornasole) si sono formati due schieramenti che, prendendo a prestito con qualche libertà il titolo di un noto saggio di Umberto Eco, non pochi hanno cominciato a definire con i termini di apocalittici (quelli che considerano l’avvento della DaD come una sciagura, un “requiem per gli studenti”, copyright di Giorgio Agamben) e di integrati (i sostenitori della scuola digitale come alternativa radicale ed epocale alla scuola tradizionale fondata sulla egemonia dei “libri cartacei”, copyright di Roberto Maragliano).

Tra queste due posizioni estreme ne esistono altre, naturalmente, che cercano una soluzione intermedia, che potrebbe essere la didattica ‘blended’, che mixa e alterna in modi vari la DaD e la DiP, lasciando alle scuole di decidere il punto di equilibrio e la definizione dei modelli operativi.

C’è, per la verità, anche un altro punto di vista, che è quello di chi guarda la contesa in atto con disincantato scetticismo, nella convinzione che assai poco cambierà in Italia perché finirà per prevalere la tendenza inerziale della scuola tradizionale ad autoconservarsi.

Di queste diverse posizioni si è avuta testimonianza in un interessante confronto a più voci, mandato in rete sabato scorso via Zoom. Ne parliamo nella notizia successiva.