Curriculum dello studente emblema di una scuola classista? Vittadini: ‘Polemica assurda ‘. L’intervista

“Gli esami non finiscono mai”, ammoniva una celebre commedia di Eduardo De Filippo. Fra poche settimane 500.000 studenti affronteranno il celebre esame di Stato, meglio noto come “esame di maturità”. Quest’anno, oltre alle modalità particolari imposte dalla pandemia, fa il suo esordio il “curriculum dello studente”. È un documento digitale che ripercorre il percorso scolastico e le competenze acquisite dai candidati. La legge prevede che i commissari ne debbano tenere conto nell’esprimere il giudizio finale. Nel documento sono incluse le attività extrascolastiche, “in ambito professionale, sportivo, musicale, culturale e artistico, di cittadinanza attiva e di volontariato”. E le esperienze di alternanza scuola lavoro. E proprio questo aspetto ha aperto un dibattito, con alcuni che sostengono che si tratta di uno strumento “classista” che favorirebbe gli studenti provenienti da famiglie più agiate e quindi favoriti nelle attività extrascolastiche. Abbiamo sentito Giorgio Vittadini, docente universitario e presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, co-autore del volume fresco di stampa “Viaggio nelle character skills” (Il Mulino) dedicato alle nuove frontiere dell’apprendimento.

Allora, il Curriculum dello Studente sarebbe l’emblema di una scuola classista?

“È una polemica assurda, montata da chi non conosce l’evoluzione nel campo educativo e rispolvera vecchi pregiudizi ideologici. Nel Curriculum dello Studente saranno considerati non solo gli aspetti cognitivi, appresi in aula, ma anche le attività extrascolastiche, che si intrecciano con la personalità. Aspetti quali l’apertura mentale, la capacità di collaborare, lo spirito di iniziativa. Un recente studio riportato nel volume “Viaggio nelle character skills”, ha dimostrato che proprio gli aspetti non cognitivi sono fattori cruciali nel contributo che ogni persona può dare nel lavoro e nella vita sociale”.

 Torna invece centrale nel dibattito il ruolo dell’istruzione…

“Direi proprio di sì. Vorrei ricordare che come stabilisce la nostra Costituzione, “la scuola è aperta a tutti” e “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. L’istruzione è il più straordinario fattore di crescita per le persone e per la società. Il benessere è direttamente correlato al livello di istruzione, individuale e collettivo. E non sto parlando solo di reddito, ma del concetto più ampio di benessere sociale e culturale e oggi anche ambientale”.

Come entrano in campo allora le “capacità non cognitive”?

“Numerose ricerche internazionali dimostrano che l’apprendimento migliora se si stimolano gli interessi, la curiosità, le emozioni degli alunni. E questo si traduce in migliori risultati scolastici, che favoriscono soprattutto chi è meritevole ma “sprovvisto di mezzi”. È la nuova frontiera dell’istruzione, nota a livello internazionale con l’espressione inglese “character skills”, utilizzata, fra gli altri dal premio Nobel James Heckman. Si cerca di valorizzare, così, la personalità di ciascuno, superando le condizioni economiche o sociali iniziali”.

Ma in pratica?

“Faccio alcuni esempi. Nel saggio appena pubblicato “Viaggio nelle charcater skills”, sono presentati i risultati di una ricerca condotta fra gli studenti del Trentino Alto Adige. Stimolando negli allievi la coscienziosità e l’apertura all’esperienza, è stato osservato un incremento di 12 punti sul voto Invalsi, un parametro che misura l’apprendimento effettivo e consente confronti con i coetanei italiani e di altre nazioni. La mancanza di responsabilità per i propri risultati, al contrario, corrisponde ad un incremento di 5 volte in negativo sul voto Invalsi. Nell’era digitale la scuola non può limitarsi a insegnare solo nozioni, sia pure fondamentali, come la lettura o la matematica. La scuola deve anche contribuire a far crescere le persone, offrendo loro una preparazione utile alla vita sociale. Deeve insegnare alle persone ad imparare anche quando non saranno più in un’aula, fisica o virtuale come in questo periodo. É un concetto già noto agli antichi, come affermava, per esempio duemila anni fa il filosofo greco Plutarco: “La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”.