Crisi della Lega. Potrebbe cambiare la politica scolastica

Non c’è dubbio che la storia della Lega Nord, negli ultimi venti anni, si sia intrecciata con le vicende politiche nazionali, sulle quali le sue parole d’ordine (decentramento, federalismo, autonomie locali versus centralismo, statalismo, burocrazie varie) hanno esercitato un’influenza spesso decisiva.

La scuola, insieme alla sanità e alla polizia locale, è stata al centro della riforma costituzionale varata dal centro-destra nel 2006 (poi bocciata dal referendum confermativo) e sulla politica scolastica si sono giocate alcune delle battaglie identitarie della Lega nella corrente legislatura, dal ‘tetto’ per gli alunni stranieri in classe agli ostacoli frapposti alla mobilità degli insegnanti meridionali verso il Nord.

Con l’avvento del governo Monti la Lega, a differenza dell’ex alleato Pdl, è passata a una dura opposizione, e quindi la sua influenza sulle decisioni parlamentari e governative in campo scolastico è di fatto azzerata, almeno per quanto riguarda le scelte nazionali.

Bisognerà però vedere se e quanto la crisi e l’isolamento della Lega come partito nazionale si ripercuoterà a livello locale, in particolare nelle Regioni in cui è al governo o addirittura esprime il presidente, come in Piemonte e in Veneto.

È però soprattutto in Lombardia – la trincea più avanzata nella battaglia leghista per un federalismo scolastico fortemente autonomistico – che verrà messo alla prova e misurato il residuo peso politico della Lega. E’ in questo quadro che va valutata la questione della nomina diretta dei supplenti da parte delle scuole contenuta nella legge regionale attualmente in discussione in quella Regione. Se la legge troverà attuazione vorrà dire che, a prescindere dal destino della Lega come partito, alcune delle idee forza costitutive della sua identità avranno trovato un terreno favorevole per tradursi in fatti politici e istituzionali.