Corsi & ricorsi/3. La svolta degli anni Novanta

Non c’è dubbio che, rispetto al tempo del Ministero Fortezza e dei suoi potentissimi e inamovibili direttori centrali, le vicende degli anni Novanta dello scorso secolo, culminate nella riforma ‘federalista’ dell’amministrazione scolastica (decentramento, autonomia delle scuole, direzioni generali regionali) abbiano inferto un colpo mortale al Potere burocratico centralistico, indebolendo anche il Contropotere dei sindacati, e quindi la contrattazione come strada maestra per la gestione del conflitto sociale.

A quel punto la protezione degli interessi delle categorie interessate, e soprattutto quella della enorme quantità di personale assunto a titolo precario, è passata sempre più dai tavoli contrattuali romani alle aule giudiziarie, sminuzzandosi in centinaia e migliaia di ricorsi individuali o di gruppi e sottogruppi con esiti incerti, a volte contraddittori, e senza alcun limite alla impugnazione di qualunque decisione amministrativa.

Certo, un ritorno al passato e ai suoi solidi interlocutori istituzionali sarebbe improponibile, oltre che impossibile, perché in nessun Paese del mondo, dopo la caduta dei regimi totalitari dell’Est euroasiatico (con la parziale eccezione della Cina), esistono sistemi scolastici governati in modo centralizzato che diano buoni risultati in termini di efficacia e di efficienza. Ma lo spettacolo di impotenza amministrativa, incertezza del diritto e confusione che regna oggi nella nostra scuola non può essere ulteriormente tollerato. Occorre ristabilire alcuni principi basilari che tutti siano tenuti a rispettare, a partire da quei magistrati che troppo facilmente accolgono qualunque tipo di ricorso. Per esempio il principio che chi sbaglia paga, anche quei magistrati che, magari senza rendersene pienamente conto, accogliendo ricorsi chiaramente infondati producono gravi danni alla Pubblica Amministrazione inceppandone in vario modo il funzionamento.

Certo, una preventiva semplificazione della giungla giuridica che consente a tanti avvocati e magistrati di esplorare sempre nuovi e inusitati percorsi aiuterebbe a sbagliare di meno e a restaurare una soglia accettabile di certezza del diritto.