Corsi & ricorsi/2. L’età dell’oro del MPI

Ci fu un tempo in cui l’Avvocatura dello Stato era raramente chiamata a sostenere le ragioni del Ministero della Pubblica Istruzione in caso di contenzioso, e in quelle poche occasioni in genere vinceva. Era l’età dell’oro del MPI, quella in cui il Ministero era, per dirla con Foucault, o almeno così era percepito, un’Istituzione totale, una tetragona, inattaccabile cattedrale del Potere.

Quel tempo appare oggi molto lontano, se lo si pone a confronto con il panorama delle centinaia, migliaia di casistiche che investono gli atti amministrativi dell’attuale Miur, vedendolo spesso soccombente. Quasi un postmoderno San Sebastiano.

C’è da chiedersi, e certamente l’argomento meriterebbe un’approfondita analisi storica in chiave sociologico-giuridica, se questa transizione sia dovuta al fatto che un tempo la cultura/competenza giuridica dei funzionari del Ministero, custodi del Tempio, era incomparabilmente superiore a quella mostrata dai loro attuali successori, oppure se sia stata l’Avvocatura – che ha assunto in Italia negli ultimi decenni dimensioni ipertrofiche, sconosciute altrove – a trovare sempre più punti deboli nell’attività amministrativa del Ministero, in sintonia con la tendenza della magistratura amministrativa e di quella del lavoro a dare ragione, almeno in prima istanza, ai ricorrenti in presenza di qualunque anche impalpabile sospetto di lesione di un loro ‘diritto’.

Lo si è visto soprattutto quando le questioni riguardavano il personale, dai trasferimenti alle graduatorie a qualunque tipo di concorso. Un tempo i sindacati aprivano vertenze, trattavano, contrattavano, erano interlocutori privilegiati del Ministero, e alla fine una soluzione si trovava, e veniva accettata dalle parti.