Corsi di recupero: un boomerang per Fioroni?

Le scuole sono in subbuglio. Le proteste contro la disciplina dei corsi di recupero dei debiti formativi (OM  n. 92 del 5 novembre 2007) rischiano di unificare le diverse componenti – studenti, insegnanti e famiglie – contro il ministro Fioroni. Il quale, sotto elezioni, non si può certo accontentare degli iniziali, pur ampi consensi che accompagnarono la sua decisione di mettere fine al “carnevale” dei debiti mai saldati.

Sul merito del provvedimento non si può discutere. Basti ricordare che l’anno scorso il 36,1% degli studenti delle superiori (circa 760 mila) è stato promosso con uno o più debiti scolastici, con punte del 44% in matematica (per i dettagli rimandiamo al numero 227/327 di TuttoscuolaFOCUS) e che troppe volte negli anni scorsi questi debiti non sono stati alla fine saldati. I problemi stanno invece venendo fuori riguardo all’attuazione del provvedimento.

Il fatto è che le norme applicative di quella decisione sono state introdotte in via amministrativa, e non con una modifica di legge, che forse avrebbe consentito interventi più organici. La conseguenza è stata l’ingolfamento del sistema e la moltiplicazione delle proteste: risorse insufficienti, corsi troppo brevi (15 ore), difficoltà tecniche e organizzative, ripercussioni sulle ferie degli insegnanti,  ricomparsa delle lezioni private. La maggiore serietà degli studi è stata il filo conduttore anche di altri interventi di Fioroni, a partire dalla ulteriore riforma dell’esame di Stato (ripristino della commissione mista e del giudizio d’ammissione, maggior peso ai crediti scolastici e al curriculum degli studenti anche ai fini delle iscrizioni universitarie ecc.), ma le misure assunte per il recupero dei debiti rischiano di vanificare il credito d’immagine guadagnato dal ministro in altri settori della sua attività.

Quello del recupero dei debiti (ma forse è la stessa nozione di debito che va ripensata), un problema che ha attraversato diverse legislature e maggioranze dal 1994 a oggi, è certamente uno dei nodi che il futuro nuovo governo dovrà cercare di sciogliere.