Contratto: se dovessi avere centomila al mese

Aumenti contrattuali sotto il tasso d’inflazione reale? O salvaguardia del potere d’acquisto degli stipendi?
Non è questione di pochi spiccioli per chi incasserà, né di pochi miliardi di euro per chi pagherà. E’ la polemica, probabilmente solo agli inizi, sul rinnovo dei contratti del pubblico impiego. Facciamo un passo indietro per inquadrarla meglio.
Dal 1993, dopo un accordo storico sulla politica dei redditi, è stato convenuto di contenere gli aumenti di contratto all’interno del tasso programmato d’inflazione con obbligo di compensare gli aumenti al momento della verifica dei tassi effettivi di inflazione.
Per il 2002 il tasso programmato di inflazione è stato previsto pari all’1,7% (ma l’Istat nei giorni scorsi ha già rilevato un tasso tendenziale del 2,4%). Per il 2003 il Documento di programmazione economica e finanziaria del Governo, varato a giugno, ha fissato il tasso di inflazione programmata all’1,4% (in Europa in tasso tendenziale è già intorno all’1,9%).
I sindacati chiedono di rivedere quell’improbabile 1,4% di tasso programmato; il Governo, dopo aver bloccato alcune tariffe pubbliche, ha confermato l’1,4% anche per gli imminenti rinnovi contrattuali (contro una previsione, non solo sindacale, e una richiesta che è già di 1-1,2% in più). Ed è già mobilitazione annunciata.
Cerchiamo di capire cosa vogliono dire queste percentuali per il personale della scuola, anch’essa alla vigilia del rinnovo di contratto. Quell’1,7% per il 2002 e quell’1,4% del 2003 (pari cumulativamente al 3,1%), vogliono dire un aumento medio lordo mensile intorno alle 100-110 mila delle vecchie lire, cioè poco più di 50 euro lordi al mese, a cui però deve essere aggiunta un’altra quota di aumento legata alla produttività ed erogato con il salario accessorio (mediamente un’altra cifra teoricamente doppia di quella base per il rinnovo e in parte non accessibile a tutti).
Tuttoscuola ha provato a simulare l’applicazione automatica del 3,1% sulle retribuzioni attuali, ed ecco cosa ne è venuto fuori . Se poi sarà riconosciuto, per effetto della maggiore inflazione, un incremento più elevato (come chiedono sin d’ora i sindacati), le cifre della tabelle saranno ritoccate verso l’alto.