Consiglio di Stato: cartellino giallo per la riforma

Cattive notizie per la riforma dell’istruzione secondaria superiore giungono dal Consiglio di Stato, che ha formulato una serie di osservazioni critiche agli schemi di regolamento approvati in prima lettura dal Consiglio dei ministri, attualmente all’esame delle commissioni parlamentari.

Non si tratta ancora del parere definitivo, ma di una sorta di avvertimento scritto inviato al MIUR, contenente considerazioni  di carattere generale e obiezioni su punti specifici dell’articolato.

Secondo il Consiglio di Stato l’attuale testo dei regolamenti si spingerebbe in alcuni punti al di là della delega ricevuta dal Parlamento con l’approvazione dell’art. 64, comma 4, della legge n. 133/2008. I dubbi del Consiglio riguardano in particolare il mancato coordinamento delle norme sulla quota dei piani di studio attribuita alle singole istituzioni scolastiche con quelle contenute nel regolamento dell’autonomia (DPR 275/1999). Dubbi vengono espressi anche sul graduale passaggio al nuovo ordinamento, non sufficientemente illustrato e motivato.

Secondo il Consiglio la delega contenuta nella legge 133 riguarda la sola “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari“, mentre il testo del regolamento si spingerebbe assai oltre, sia nella definizione delle quote di autonomia rimesse alle singole istituzioni scolastiche nell’ambito degli indirizzi definiti dalle regioni (20% del monte ore complessivo nel primo biennio, 30% nel secondo biennio, 20% nel quinto anno) sia  per quanto riguarda la prevista costituzione dei dipartimenti per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa e del comitato scientifico consultivo per l’organizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità. Secondo il Consiglio “sarebbe più coerente con l’obiettivo di realizzare l’autonomia lasciare alle istituzioni scolastiche la scelta in merito all’opportunità di istituire tali organi“. Altre obiezioni riguardano i poteri di decretazione del ministro in materia di “Indicazioni nazionali”, indicatori per la valutazione e articolazione delle cattedre, per i quali sembrerebbe necessario un sostegno di tipo normativo più solido.

Per questo il Consiglio chiede al MIUR di spiegare “su quale base abbia proceduto all’estensione dell’oggetto di delega e se le finalità di contenimento della spesa e di razionalizzazione delle risorse umane e strumentali giustifichino l’ampia revisione operata“.

Si attendono ora le giustificazioni e le precisazioni del Ministero, che non sembra peraltro intenzionato a fare marcia indietro su scelte che considera qualificanti.