Riaperto il dibattito sui compiti a casa: assicurano davvero un miglior rendimento, oppure servono solo ad appesantire i ragazzi dopo una lunga giornata passata tra i banchi di scuola? Gli analisti Ocse non hanno dubbi: sì ai compiti a casa, purché non si esageri. Va bene fino a un’ora di studio seduti alla propria scrivania, superati i 60 minuti bisognerebbe però porre un freno. Lo dimostrano i sistemi scolastici che nei test Ocse guadagnano le migliori posizioni e che fanno passare agli studenti poche ore con la schiena china sui libri. A rispolverare l’annosa questione “compiti a casa sì, compiti a casa no” è la ricerca di Ozicare Insurance, “Homework around the world“.

Certo, la differenza di rendimento dei migliori sistemi scolastici non è data solo dal carico di studio assegnato per casa, ma anche da altri fattori quali, per esempio, la qualità e il modo di fare didattica, la formazione degli insegnanti e le strutture scolastiche. Eppure, secondo la ricerca, lasciare agli alunni il tempo per giocare e imparare di propria iniziativa può trarre maggiori ricompense. E fa l’esempio della Corea del Sud, dove gli studenti passano meno di 3 ore a settimana a studiare in casa. Come pure la Finlandia, dove i ragazzi mediamente svolgono i loro compiti a casa in non più di 2,8 ore a settimana. Poco più tempo dedicano al lavoro da svolgere dopo la scuola gli studenti Brasiliani, appena 3,3 ore settimanale.

E l’Italia? Secondo Ozicare Insurance, nel Bel Paese i nostri ragazzi passano in media ben 8,7 ore a settimana a studiare a casa. Dopo di noi solo la Russia (9,7 ore).  L’indagine ci va pesante: “Vale la pena sottolineare – leggiamo – che questi sono pure i Paesi che si trovano fuori dalla top 10 dei migliori sistemi educativi“.

Ovviamente, continua Ozicare Insurance, “Ciò che funziona in un luogo non può funzionare in un altro. E, ovviamente, ogni studente non può rispondere a un sistema allo stesso modo“. Basti pensare che negli Stati Uniti i ragazzi passano in media 6,1 ore a settimana a svolgere i loro compiti a casa, eppure questo non gli assicura le migliori posizioni tra i sistemi scolastici.