Compiti a casa/1. Se i poveri studiano di meno…

Da quella miniera di dati e informazioni sulle tematiche più diverse, sempre più ricca di triennio in triennio, che è il programma Ocse-Pisa, scaturiscono nuovi risultati e approfondimenti sulle modalità e sulle condizioni di contesto nelle quali si realizza l’apprendimento nei diversi Paesi dell’area Ocse, allargata a un numero crescente di altri Stati.

Una sottoindagine (PISA In Focus n. 46), svolta nell’ambito dell’indagine Pisa 2012 sulla base di un questionario distribuito agli studenti in occasione delle prove di apprendimento, rivela che i quindicenni italiani impiegano in media quasi 9 ore la settimana per fare i compiti a casa contro una media Ocse di 4,9 ore. Dati simili in Irlanda, Kazakhstan, Romania, Russia e Singapore.

Comunque, rispetto al 2003, gli studenti italiani hanno ridotto di quasi 2 ore il tempo dedicato allo studio in aggiunta alle lezioni scolastiche. Un calo che si è registrato anche negli altri Paesi, dove la riduzione media è stata però di un’ora.

Da notare il fatto che in Italia si verifica un forte divario – uno dei più alti nell’area Ocse – tra gli studenti socio-economicamente avvantaggiati, che riservano ai compiti a casa  circa 11 ore  la settimana, e quelli svantaggiati, che non superano le 6 ore. Un divario che si riflette sulla performance individuale degli studenti perché quelli che dedicano più tempo ai compiti a casa hanno risultati migliori nei test sulle competenze (a livello internazionale i primi in assoluto in matematica, gli studenti di Shanghai, dichiarano di dedicare all’homework 14 ore alla settimana).

Non c’è tuttavia una proporzionalità diretta tra numero di ore dedicate ai compiti e risultati nei test: gli studenti finlandesi e coreani, che occupano posizioni di vertice nelle classifiche sulle competenze, dicono di dedicare allo studio in media meno di tre ore la settimana, nota il rapporto Ocse. Evidentemente intervengono altri fattori, come la qualità degli insegnanti e l’organizzazione delle scuole, che hanno un’incidenza maggiore.

Osserviamo che questo è certamente vero per la Finlandia. Invece il dato relativo alla Corea andrebbe verificato perché è noto che in quel Paese è molto diffusa la frequenza di corsi pomeridiani integrativi (non obbligatori) che si aggiungono a quelli del mattino per un totale anche di 60-70 ore settimanali: per studiare a casa resterebbe davvero poco tempo.