Citati: ‘Professori oggi, un sottoproletariato?’

“La storia della scuola elementare, delle medie e dei licei negli ultimi trent’anni è quella di un rapido disastro”. Così Pietro Citati su Repubblica. Le cause – secondo l’intellettuale – furono innumerevoli: le conseguenze del voto politico negli anni dopo il 1968; la riforma della scuola elementare, che vide la dissennata suddivisione tra i maestri (come se un solo maestro non fosse capace di insegnare sia aritmetica sia italiano); l’immissione, per motivi politici, di moltissimi pessimi insegnanti; la conseguente mancanza di posti per i giovani laureati; la confusione del Ministero; la stolidità dei programmi e dei non programmi di studio.

“A un ragazzo di quindici anni bisogna far leggere “Delitto e Castigo”, che lo sconvolge e travolge, non la per lui incomprensibile “Coscienza di Zeno”. A questo si aggiunse l’influenza rovinosa di alcuni libri di testo, compilati da professori universitari di tendenze strutturaliste: i quali imposero ai ragazzi di imparare a memoria gli attanti e la diegesi di Gérard Genette, invece di invitarli a comprendere la bellezza e il significato della letteratura. Tutto questo ha portato alla degradazione della classe degli insegnanti.

Cinquant’anni fa, era una non-classe, rispettata anche se non temuta. Oggi, gli stipendi miserabili hanno prodotto una sotto-classe, una specie di sottoproletariato, che possiede a malapena il danaro per vestirsi e nutrirsi, ma non per comprare un libro, sia pure in edicola. Ricordo con strazio la visione di una classe di professori, qualche anno fa: quei golfini spelacchiati, quei vestiti lisissimi.

So di dire una cosa banalissima: oggi, quando la sorte della civiltà occidentale è affidata alla specializzazione, un buon liceo e una buona università sono assolutamente necessari. Invece, l’Italia ha perduto la precisione della sua vecchia cultura agricola, quando si sapeva potare un olivo e innestare una vigna. Quasi tutti lavorano in modo confuso ed approssimativo, come se la sorte del mondo non dipendesse dal dono di piantare un chiodo nel punto giusto”.