Chiamata diretta: la scelta degli insegnanti dipenderà dal Collegio docenti?

Non è una domanda sciocca. La chiamata diretta, una delle rivoluzioni del sistema introdotte dalla legge 107, come si sa, non piace ai sindacati della scuola, perché prevede, per la prima volta in assoluto, che sia la scuola (tramite il dirigente scolastico) a scegliere l’insegnante, anziché, come sempre avvenuto, essere questi a scegliere la scuola in base a graduatoria e punteggio

Il comma 79 della legge 107/15 ha previsto, infatti, che per la copertura dei posti dell’istituzione scolastica, il dirigente scolastico propone gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento. Il successivo comma 80 prevede: Sono valorizzati il curriculum, le esperienze e le competenze professionali e possono essere svolti colloqui.

Niente diritto di graduatoria, niente punteggi: è questa la rivoluzione che non piace.

Nel corso dell’intesa sulla mobilità sottoscritta il 29 dicembre scorso, i sindacati sono andati all’attacco per scardinare o, quanto meno, imbrigliare quello sgradito potere di chiamata diretta voluto dalla legge, ottenendo dalla ministra Fedeli un significativo impegno, in base al quale Sono definiti in un accordo separato e parallelo, da sottoscrivere contestualmente al contratto sulla mobilità, procedure e modalità per l’assegnazione alle scuole dei docenti assegnati negli ambiti, sulla base di scelte che valorizzino il Collegio dei docenti e le sue articolazioni, in un quadro di requisiti stabiliti a livello nazionale per assicurare imparzialità e trasparenza”.

Le scelte dei docenti (cioè le chiamate dirette) da parte del dirigente d’ora in poi dipenderanno dalle decisioni del collegio dei docenti oppure queste avranno soltanto valore di proposta non vincolante?

Se i criteri del collegio dovessero vincolare il potere di chiamata del dirigente, sarebbero in contrasto con la legge 107/15 che al comma 196 prevede: Sono inefficaci le norme e le procedure contenute nei contratti collettivi, contrastanti con quanto previsto dalla presente legge.

C’è di più. Secondo l’intesa del 29 dicembre il potere dei collegi dei docenti sarebbe sotto tutela, in quanto i requisiti per la scelta (chiamata) non sarebbero decisi autonomamente, ma verrebbero definiti a livello nazionale con la contrattazione.

Basterà prevedere, ad esempio, che tali requisiti debbano tenere conto dei punteggi di graduatoria (servizio, titoli, ecc.) e il ritorno all’antico sarebbe assicurato: oplà! Legge scardinata. Ma per fare tutto questo occorre rimuovere quello scomodo comma 196.

Gentiloni e Fedeli sono pronti a sacrificare questa parte della legge 107/15 per recuperare la pace sociale e il consenso nel mondo della scuola, mettendosi di traverso al segretario (Renzi) del loro partito?