Censis: la scuola resta nel guado

Niente “metamorfosi” per la scuola. Nelle “Considerazioni generali” che aprono il 42° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese non si parla quasi per nulla dei processi formativi, che questa volta (ed è un fatto insolito per il Centro studi presieduto da Giuseppe De Rita) restano ai margini della riflessione svolta, quasi esclusivamente dedicata alla crisi economica e finanziaria, alle “paure” collettive e alle conseguenze sociali di tutto questo.

Così le caute prospettive di uscita dalla crisi, rappresentate dalla sempre vivace immaginazione linguistica di De Rita nella forma di una possibile “seconda metamorfosi” (dopo quella degli anni fra il 1945 e il 1975), sembrano non riguardare il mondo della scuola e dell’università, dove le “minoranze vitali” che operano in altri settori non riescono ad avere la meglio sulle tendenze conservatrici e inerziali, e il processo di degrado della qualità delle strutture e dei risultati sembra procedere senza che si intraveda l’uscita dal tunnel.

Indicativo, secondo il Censis, è l’atteggiamento con il quale i dirigenti scolastici delle scuole secondarie superiori guardano al presente e anche al futuro di questo livello del nostro sistema di istruzione. Solo il 39,8% del campione di 441 intervistati esprime un “cauto ottimismo sulla capacità di tenuta del sistema scolastico pubblico”, mentre il 26,1% si dichiara “disorientato, il 14,1% “sfiduciato” e l’11,5% “pessimista“. A giudizio dei dirigenti scolastici, inoltre, il 28,8% degli insegnanti è “demotivato“, e l’11,8% “sfiduciato. In questo panorama più che una metamorfosi servirebbe una palingenesi, un cambiamento radicale. Ma può darsi che il Censis, che in tante altre occasioni era stato più ottimista sulle sorti della scuola, questa volta volga verso il pessimismo.