Carriera degli insegnanti: è ora di cambiare

Una progressione economica lentissima (ogni sei, sette anni) ed estremamente modesta; nessun riconoscimento del merito; nessuna valorizzazione effettiva delle responsabilità; nessuna conseguenza per il disimpegno. Nei fatti, l’indistinzione e l’appiattimento comportano una penalizzazione per gli elementi migliori e più motivati, al punto che l’unico elemento di differenziazione retributiva è confinato nei limiti del 2-3% della retribuzione di base.
L’unica reale prospettiva di carriera consiste nell’uscire dalla professione docente, accedendo ai ruoli dirigenziali.
Sulla base di queste motivazioni l’Anp presenta la sua proposta per cambiare radicalmente la carriera degli insegnanti e dare finalmente una risposta ad una attesa pluridecennale che ha relegato i docenti italiani al di sotto della media retributiva del settore in Europa e ha collocato questa professione, un tempo ambita e considerata, nelle parti basse della considerazione sociale.
La proposta (www.anp.it) vuole essere anche una risposta alle necessità dell’autonomia scolastica, che, per realizzarsi pienamente, richiede l’introduzione di forti elementi di discontinuità che dovrebbero riguardare: la differenziazione delle funzioni, più livelli professionali all’interno dello status di docente, il passaggio ai livelli superiori a seguito di valutazione e formazione, non per mera anzianità, con conseguenti significativi e stabili miglioramenti economici, aumenti per anzianità più modesti, ma più ravvicinati nel tempo.
La proposta, che dovrebbe trovare attuazione per via legislativa, si inserisce nel dibattito in corso che vede, da una parte, la discussione di una proposta di legge della maggioranza sulla carriera dei docenti (molte le affinità con la proposta dell’Anp) e, dall’altra, i lavori di una commissione paritetica presso l’Aran.
E proprio questo stato di cose fa venire il dubbio che l’iniziativa dell’Anp, nella quale i docenti non rappresentano la maggioranza degli iscritti, rappresenti anche un’azione di disturbo verso gli altri sindacati, che devono gestire la “patata bollente” dell’introduzione nella carriera insegnante di criteri meritocratici.