
Cambiare la scuola. Speranza o libro dei sogni?
Le dichiarazioni del responsabile scuola del Pd, Francesca Puglisi, al convegno sui nativi digitali l’altro giorno a Roma, sui programmi per la scuola di un prossimo governo, targato Pd, sembrano l’avvio della campagna elettorale.
“Quando torneremo a governare – ha dichiarato con ottimismo la Puglisi – rimetteremo in vetrina i gioielli di famiglia del sistema scolastico italiano: scuola dell’infanzia, tempo pieno e modulo a 30 ore con le compresenze”.
I buoni propositi dell’esponente del Pd appaiono poco allineati con l’azione dell’attuale governo, pur sostenuto decisamente dal suo partito, e sembrano non tenere conto del rilevante condizionamento imposto dalla crisi finanziaria all’azione del ministro dell’istruzione.
“Vogliamo innovare dal basso la scuola secondaria di primo e secondo grado, quella in cui si manifesta il calo degli apprendimenti e la dispersione degli studenti e delle studentesse italiane, attraverso lo scambio di buone pratiche, l’infrastrutturazione tecnologica delle scuole e la formazione in servizio degli insegnanti”. Le buone pratiche per innovare il sistema sono senz’altro un valido punto di partenza. E poi?
La riforma che serviva – dice il responsabile scuola del Pd – l’abbiamo fatta noi e si chiama ‘autonomia scolastica’. Una riforma che per poter essere sviluppata appieno ha bisogno di stabilità di risorse umane e finanziarie. Un organico funzionale stabile per ogni scuola autonoma, con cui poter progettare e sperimentare in libertà l’innovazione didattica che serve ai nostri ragazzi per superare i divari nei livelli di apprendimento, abilità e competenza, rispetto ai propri coetanei europei”.
Indubbiamente l’organico funzionale può essere una buona risorsa, ma basterà per fare dell’autonomia scolastica il perno di riforma del sistema? Poco si potrà fare, a nostro avviso, se il nuovo Parlamento e il futuro Governo non porranno nei fatti (non solo a parole) l’istruzione al centro dell’agenda per lo sviluppo del Paese.
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