Bullismo/2. Quegli insegnanti (s)travolti

Certo, l’immagine dell’insegnante con una pistola puntata alla testa “buca” lo schermo, e le pagine dei giornali, assai più di quella dell’inaugurazione di un nuovo complesso scolastico. E fa dire ad Alba Sasso, senatrice diessina già presidente del CIDI, che i ragazzi che si impegnano “e che leggono i libri corrono un rischio mortale: diventare razza in via d’estinzione, specie protetta e separata dal resto dei loro coetanei. Che sono milioni, e che vivono con il telefonino come protesi, il cervello configurato sulle scansioni dei videogiochi, la violenza come mezzo di promozione sociale, meglio se mostrata e esibita“.
Che fare? Non ci sono ricette facili né in Italia né in quei Paesi che, prima del nostro, hanno dedicato attenzione all’emergere nelle scuole del cosiddetto bullismo, termine con il quale si indica genericamente l’insieme dei gesti di violenza fisica contro persone e cose, prevaricazione, ostentato disprezzo per le regole, arroganza, di cui si rendono protagonisti gli studenti.
Neanche Alba Sasso, che pure mostra di conoscere a fondo il fenomeno, esibisce certezze per quanto riguarda i rimedi, al di là di un po’ rituale appello alla stabilizzazione degli insegnanti precari. E si chiede: “è proprio così difficile ripensare ad una scuola ove si studi, si premino quelli che lo meritano, si puniscano quelli che vogliono distruggerla?” Forse bisognerebbe partire, più che da astratte norme, dalla correzione dei comportamenti, perché “i don abbondio che si fanno rovesciare le cattedre addosso senza battere ciglio vivono fianco a fianco con i padri che delegano il loro ruolo alla tivù, alle marie de filippi che sembrano ormai figure titaniche della moderna pedagogia di massa. I pavidi che assistono al linciaggio di un portatore di handicap si ritrovano in buona compagnia, quella delle mamme che non vedono e non sentono, la droga no, mio figlio non la conosce…”. Ben detto. Più difficile cambiare i comportamenti. Ma si deve provare.